L’arte di desiderare (la più ardua e sfavillante materia della conoscenza) andrebbe insegnata nelle scuole dell’obbligo e approfondita in corsi di laurea e Master in desideri, possibilmente all’estero, per apprendere la stupefacente cosmografia dei desideri umani. Non riesco a comprendere le ragioni per le quali la Desiderologia non sia riconosciuta ancora come scienza, stante la sua importanza decisiva sui destini che -il Caso è un caso- ci fabbrichiamo, più inconsapevolmente che mai, con le nostre mani.
Ho trascorso più di metà della mia esistenza agitandomi a vuoto, poiché ignorante di desiderologia, alternando speranze fuori bersaglio o incongrue a disperanze struggenti ma altrettanto esagitate. Saper riconoscere i propri desideri e assecondare la loro realizzazione dovrebbe, invece, essere il primo e più ragionevole obiettivo dell’esistenza umana. Perché tutto si complica? Qual è l’insano principio in nome del quale ci lasciamo beffare dalla vita, o mastichiamo amaramente desideri precotti, svenandoci -con sforzi spirituali ed economici indicibili- per soddisfare bisogni di cui non sentivamo alcuna mancanza?
Personalmente non ho mai desiderato diventare ricco (nella mia vera combustione interiore i soldi si bruciano troppo in fretta rispetto a valori immateriali che mi soddisfano enormemente di più) ma allora, per un tratto di vita, chi me l’ha fatto sognare? Qualora invece (e non c’è niente di male) il mio desiderio più bambino, primitivo e calzante, fosse stato quello di diventare Rockfeller, chi e che cosa avrebbero mai osato intralciare questo desiderio d’oro?
L’arte o scienza del desiderare dovrebbe muovere i suoi primi passi esattamente da qui: una scrematura, una semplificazione efficace, del nostro Dna emotivo: l’ABC dell’arciere che, dentro di noi, scocca le frecce dei desideri, spesso a casaccio, proprio perché è un “arciere bendato”. La Desiderologia ci aiuterebbe, con franca immediatezza, a svelare i tre o quattro bersagli che davvero intendevamo colpire e centrare sin dal primo vagito, e allenarci nel tenere la schiena dritta, la mano e lo sguardo tesi, concentrati, e fermi.
Oggi so che cosa desidero ed è il mio segreto. Lo custodisco come il tesoro di Montezuma. Esso è semplice, sia pure articolato in un bersaglio di desideri compositi, molti dei quali si appagano continuamente donandomi l’irripetibile gioia di essere al mondo.
Nonostante ciò, molte realizzazioni stentano ad arrivare, e questo è colpa d’ignoranza, di ambiguità che mi sono state infuse e indottrinate in famiglia, sui banchi di scuola, o dalle quali io stesso mi sono fatto abbindolare perché una via storta e dolente -checché se ne dica- è quasi sempre molto meno dolorosa della felicità. La felicità è un dramma. Sei un piccolo Re dell’Universo e sei solo. Puoi cogliere tutti i frutti del creato, è sufficiente che allunghi la mano, ma ci hanno talmente soffocato con le dottrine del dolore, che la serenità ci sembra un furto, a danno non si sa bene di chi. Così le nostre gambe sono malferme e, inconsapevolmente, ci tiriamo dietro qualche insulso malanno per poter lamentarci in coro con gli altri e sentirci solidali e, illusoriamente, un po’meno soli. Anche questo andrebbe insegnato nel mio corso di laurea in Desiderologia. Non è che compatirsi in migliaia sottragga qualcuno alla propria disperanza, al contrario. Soltanto il tuo sguardo risolto e felice può aiutare, con il suo fermo esempio, un naufrago del dolore ad aggrapparsi alle tue ciglia e comprendere che non ha molto senso logico lasciarsi trascinare nel gorgo come un tronco sul fiume nei pressi di una cascata.
Desiderare salva. Saper riconoscere i propri ancestrali desideri e perseguirli con immobile costanza, non solo dà un senso compiuto alla propria esperienza umana, ma la rende estremamente piacevole, al di là, oserei dire, se il proprio desiderio sia compiutamente appagato. La felicità è nel volo della freccia. Nel sapersi arciere. Nel duro allenamento e nell’arte dello scocco. Tutto il resto è pianto e vanità. Teatro. Fumo e illusioni. In gran parte, sciocchezze.
Naturalmente ogni desiderio, profondamente avvertito come proprio, ha un prezzo. Nello sposare un desiderio, nell’aderirvi plasticamente, noi scontiamo le luci e le ombre che irradiano dal desiderio stesso. Se il mio autentico desiderio è di ucciderti, bene! (Non sto qui a tirare le orecchie ai desideri, non sono un giudice né Dio) ma è altrettanto bene che io sappia che sto sposandomi alla morte e mi sto tirando addosso la sua ombra come una coperta prima di addormentarmi. Personalmente preferisco desiderare l’amore, o il benessere sociale, o il colpo di reni di un intero Paese perché si riscatti dai propri giorni grigi e torni a farsi culla di grandi artisti, scienziati, uomini politici. Di tutto questo rifiorire non potrò che giovarmi anch’io, perché una cosa è avere la fortuna di fare quattro chiacchiere con Pasolini, altra cosa sorbettarsi un caffè -faccio per dire e senza offesa- con il secondo classificato del Grande Fratello, il quale -sia chiaro- non ha alcun desiderio di bersi un caffè col sottoscritto. L’altruismo è anche un egoismo di ritorno. Mai frecce volano più veloci e sicure di quelle scoccate per gli altri in oblio a noi stessi. L’amore è un boomerang e trova sempre un milione di sorprese per tornarci indietro (purché noi non abbiamo speso la nostra freccia ipocritamente per questo tornaconto, sia chiaro) e di questo ne ho mille prove come un giardino fiorito.
La capacità di desiderare è inesauribile, tutti vogliamo tutto, il risultato è che in questo nugolo di frecce, spesso lanciate a casaccio, rischiamo di rimanerci infilzati, anche casualmente, tra invidie e costernazioni assurde, sogni incongrui e sfortune inesistenti, perché autogenerate, in un caos di desideri convulsi nel quale non è facile districarsi né comprendere i veri traguardi della nostra vita.
Sì, desiderare dovrebbe essere una materia come la matematica o la geografia. Non andrebbe mai confusa con il “pensiero magico” che è figlio dell’onnipotenza infantile più sfrenata e ingenua e in cui noi italiani siamo maestri. “Se fossi stato io l’allenatore della nazionale!”… “Se fossi io il presidente del Consiglio!”…L’unica risposta possibile a questi vaneggiamenti ebbri è quella del marchese del Grillo: “La verità è che io sono io e voi non siete un cazzo!”.
Desiderare è osare ed essere costantemente all’altezza della propria determinazione, contro ogni intemperie della vita, che è “normale” (si tratti di malattia incurabile o di rovescio passeggero). Il dolore è “normale”, la sofferenza è abitudinaria, sono prezzi dell’esistenza che vanno pagati cercando di non ampliarli, di non fare eco al dolore, di non dar loro la mancia. Il dolore va attraversato puntando sempre oltre, al bene del prossimo quindi al nostro. Credo di essermi personalmente laureato in Dolorogia. In questo senso sono stato un bambino prodigio. La capacità di soffrire di certi esseri umani è encomiabile ma sciocca. Se utilizzassero tutta l’energia dispiegata in ogni varietà della sofferenza, per donarsi un desiderio felice, sarebbero quasi degli dei. Ho imparato molto tardi che il dolore è una materia plastica e informe dalla quale puoi ricavare la base per costruire la felicità. Ma devi compiere un atto, per così dire, alchemico. Nel senso della pietra filosofale. Lo intuivo, ma ero un mezzo mago. Ora credo di essere un mago, ossia un arciere, ossia un uomo. Accolgo il dolore e lo trasformo, con la naturalezza con cui un’onda colpisce una scogliera e torna indietro mutandosi in mille gocce diverse. Ma nulla di questa “magia” è per sempre. Devi applicarla ogni giorno e non è detto che ti riesca. Nulla in natura è dato per scontato. Mi meraviglia quando non mi meraviglio che il sole, anche oggi, sia tramontato. Non bisognerebbe mai dare per scontato un tramonto. Altrimenti se ne perde la struggente esperienza e si vive a sbafo e allo sbando.
Questo so e questo ho imparato fino ad ora. Adesso insegnatemi voi, perché con questa vostra insistenza petulante sulla necessità d’imbastire un corso di desiderologia comparata, mi avete veramente, ma veramente annoiato.:))
Ho trascorso più di metà della mia esistenza agitandomi a vuoto, poiché ignorante di desiderologia, alternando speranze fuori bersaglio o incongrue a disperanze struggenti ma altrettanto esagitate. Saper riconoscere i propri desideri e assecondare la loro realizzazione dovrebbe, invece, essere il primo e più ragionevole obiettivo dell’esistenza umana. Perché tutto si complica? Qual è l’insano principio in nome del quale ci lasciamo beffare dalla vita, o mastichiamo amaramente desideri precotti, svenandoci -con sforzi spirituali ed economici indicibili- per soddisfare bisogni di cui non sentivamo alcuna mancanza?
Personalmente non ho mai desiderato diventare ricco (nella mia vera combustione interiore i soldi si bruciano troppo in fretta rispetto a valori immateriali che mi soddisfano enormemente di più) ma allora, per un tratto di vita, chi me l’ha fatto sognare? Qualora invece (e non c’è niente di male) il mio desiderio più bambino, primitivo e calzante, fosse stato quello di diventare Rockfeller, chi e che cosa avrebbero mai osato intralciare questo desiderio d’oro?
L’arte o scienza del desiderare dovrebbe muovere i suoi primi passi esattamente da qui: una scrematura, una semplificazione efficace, del nostro Dna emotivo: l’ABC dell’arciere che, dentro di noi, scocca le frecce dei desideri, spesso a casaccio, proprio perché è un “arciere bendato”. La Desiderologia ci aiuterebbe, con franca immediatezza, a svelare i tre o quattro bersagli che davvero intendevamo colpire e centrare sin dal primo vagito, e allenarci nel tenere la schiena dritta, la mano e lo sguardo tesi, concentrati, e fermi.
Oggi so che cosa desidero ed è il mio segreto. Lo custodisco come il tesoro di Montezuma. Esso è semplice, sia pure articolato in un bersaglio di desideri compositi, molti dei quali si appagano continuamente donandomi l’irripetibile gioia di essere al mondo.
Nonostante ciò, molte realizzazioni stentano ad arrivare, e questo è colpa d’ignoranza, di ambiguità che mi sono state infuse e indottrinate in famiglia, sui banchi di scuola, o dalle quali io stesso mi sono fatto abbindolare perché una via storta e dolente -checché se ne dica- è quasi sempre molto meno dolorosa della felicità. La felicità è un dramma. Sei un piccolo Re dell’Universo e sei solo. Puoi cogliere tutti i frutti del creato, è sufficiente che allunghi la mano, ma ci hanno talmente soffocato con le dottrine del dolore, che la serenità ci sembra un furto, a danno non si sa bene di chi. Così le nostre gambe sono malferme e, inconsapevolmente, ci tiriamo dietro qualche insulso malanno per poter lamentarci in coro con gli altri e sentirci solidali e, illusoriamente, un po’meno soli. Anche questo andrebbe insegnato nel mio corso di laurea in Desiderologia. Non è che compatirsi in migliaia sottragga qualcuno alla propria disperanza, al contrario. Soltanto il tuo sguardo risolto e felice può aiutare, con il suo fermo esempio, un naufrago del dolore ad aggrapparsi alle tue ciglia e comprendere che non ha molto senso logico lasciarsi trascinare nel gorgo come un tronco sul fiume nei pressi di una cascata.
Desiderare salva. Saper riconoscere i propri ancestrali desideri e perseguirli con immobile costanza, non solo dà un senso compiuto alla propria esperienza umana, ma la rende estremamente piacevole, al di là, oserei dire, se il proprio desiderio sia compiutamente appagato. La felicità è nel volo della freccia. Nel sapersi arciere. Nel duro allenamento e nell’arte dello scocco. Tutto il resto è pianto e vanità. Teatro. Fumo e illusioni. In gran parte, sciocchezze.
Naturalmente ogni desiderio, profondamente avvertito come proprio, ha un prezzo. Nello sposare un desiderio, nell’aderirvi plasticamente, noi scontiamo le luci e le ombre che irradiano dal desiderio stesso. Se il mio autentico desiderio è di ucciderti, bene! (Non sto qui a tirare le orecchie ai desideri, non sono un giudice né Dio) ma è altrettanto bene che io sappia che sto sposandomi alla morte e mi sto tirando addosso la sua ombra come una coperta prima di addormentarmi. Personalmente preferisco desiderare l’amore, o il benessere sociale, o il colpo di reni di un intero Paese perché si riscatti dai propri giorni grigi e torni a farsi culla di grandi artisti, scienziati, uomini politici. Di tutto questo rifiorire non potrò che giovarmi anch’io, perché una cosa è avere la fortuna di fare quattro chiacchiere con Pasolini, altra cosa sorbettarsi un caffè -faccio per dire e senza offesa- con il secondo classificato del Grande Fratello, il quale -sia chiaro- non ha alcun desiderio di bersi un caffè col sottoscritto. L’altruismo è anche un egoismo di ritorno. Mai frecce volano più veloci e sicure di quelle scoccate per gli altri in oblio a noi stessi. L’amore è un boomerang e trova sempre un milione di sorprese per tornarci indietro (purché noi non abbiamo speso la nostra freccia ipocritamente per questo tornaconto, sia chiaro) e di questo ne ho mille prove come un giardino fiorito.
La capacità di desiderare è inesauribile, tutti vogliamo tutto, il risultato è che in questo nugolo di frecce, spesso lanciate a casaccio, rischiamo di rimanerci infilzati, anche casualmente, tra invidie e costernazioni assurde, sogni incongrui e sfortune inesistenti, perché autogenerate, in un caos di desideri convulsi nel quale non è facile districarsi né comprendere i veri traguardi della nostra vita.
Sì, desiderare dovrebbe essere una materia come la matematica o la geografia. Non andrebbe mai confusa con il “pensiero magico” che è figlio dell’onnipotenza infantile più sfrenata e ingenua e in cui noi italiani siamo maestri. “Se fossi stato io l’allenatore della nazionale!”… “Se fossi io il presidente del Consiglio!”…L’unica risposta possibile a questi vaneggiamenti ebbri è quella del marchese del Grillo: “La verità è che io sono io e voi non siete un cazzo!”.
Desiderare è osare ed essere costantemente all’altezza della propria determinazione, contro ogni intemperie della vita, che è “normale” (si tratti di malattia incurabile o di rovescio passeggero). Il dolore è “normale”, la sofferenza è abitudinaria, sono prezzi dell’esistenza che vanno pagati cercando di non ampliarli, di non fare eco al dolore, di non dar loro la mancia. Il dolore va attraversato puntando sempre oltre, al bene del prossimo quindi al nostro. Credo di essermi personalmente laureato in Dolorogia. In questo senso sono stato un bambino prodigio. La capacità di soffrire di certi esseri umani è encomiabile ma sciocca. Se utilizzassero tutta l’energia dispiegata in ogni varietà della sofferenza, per donarsi un desiderio felice, sarebbero quasi degli dei. Ho imparato molto tardi che il dolore è una materia plastica e informe dalla quale puoi ricavare la base per costruire la felicità. Ma devi compiere un atto, per così dire, alchemico. Nel senso della pietra filosofale. Lo intuivo, ma ero un mezzo mago. Ora credo di essere un mago, ossia un arciere, ossia un uomo. Accolgo il dolore e lo trasformo, con la naturalezza con cui un’onda colpisce una scogliera e torna indietro mutandosi in mille gocce diverse. Ma nulla di questa “magia” è per sempre. Devi applicarla ogni giorno e non è detto che ti riesca. Nulla in natura è dato per scontato. Mi meraviglia quando non mi meraviglio che il sole, anche oggi, sia tramontato. Non bisognerebbe mai dare per scontato un tramonto. Altrimenti se ne perde la struggente esperienza e si vive a sbafo e allo sbando.
Questo so e questo ho imparato fino ad ora. Adesso insegnatemi voi, perché con questa vostra insistenza petulante sulla necessità d’imbastire un corso di desiderologia comparata, mi avete veramente, ma veramente annoiato.:))
Bello come sempre ciò che scrivi!
Però non sarebbe male un corso di Desiderologia pratica e applicata …
Quasi, quasi mi iscrivo … 🙂
Bella lezione…Maestro…grazie! 🙂
hai ragione, prof. dobbiamo smettere di sentirci in colpa se abbiamo dei desideri o se sappiamo cogliere momenti magici in mezzo a tante miserie. Io sogno di veder sparire in una bolla il nostro presidente del consiglio, come se fosse Aladino: qualcuno ha sfregato la lampada, lui è uscito e ha soddisfatto tutti i suoi desideri e poi svanisce e ci lascia liberi di sfregare altre lampade senza vederlo ritornare…che bello!
Caro Diego,
tu ci sai sempre sorprendere tirandoci fuori quello che conosciamo, ma che magari teniamo nascosto invece di prenderlo in mano per lucidarlo col polish: il desiderio.
Almeno io.
Bella parola la desiderologia, non ci avevo mai pensato anche se l’ho molto praticata soprattutto ora che ho perso la bella casa in cambio di un appartamentino in ombra, umido , il portafoglio pieno in cambio di una carta di credito che mi rimanda al mese dopo.
Aver avuto é il metodo migliore per desiderare, che non é rimpianto, ma consapevolezza di quanto vale cio che si potrebbe avere e che spesso si ha.
Poi ci sono desideri che niente hanno a che fare con l’avere, anche se avere si può coniugare con serenità, amore, ozio, intelligenza.
E infine ci sono desideri che non serve avere, perché se si avessero non avrebbe senso soddisfarli: non dirmi che desideri essere Diego Cugia…
🙂
“Se grattarsi è un piacere, preferisco non avere il prurito”-detto buddhista.
Desiderare essere migliori , essere diversi, desiderare qualcuno o qualcosa genera sofferenza. Rincorriamo i desideri pensando di poter colmare quel senso di incompletezza e di insoddisfazione. Nessun desiderio potrà soddisfare questo bisogno di sentirsi “un essere finito”. La lotta è vana. Sostituire la parola “desiderio” con la parola “possibilità” a me già mette un senso di tranquillità. Non mi alleno più ad essere un bravo arciere, a scoccare frecce, a scegliere il bersaglio, ho deciso di fare il bersaglio, il centro, accogliere e non dirigere. Non rincorrere i desideri ma accogliere le possibilità, il qui e l’ora.
I desideri non realizzati provocano frustrazione.
La sofferenza può essere un nuovo inizio se siamo in grado di accettarla.Al contriario inevitabilmente , passiamo la nostra sofferenza sulle spalle di qualcun altro a spese della sua libertà.
Leggere tutto quello che è stato scritto per poter rileggere quello che avresti voluto leggere.
Un desiderio impossibile da realizzare.
Però questa tensione consapevole, questo piacere quotidiano, inebria il lavoro onirico.
Un io folle, immaginario, più folle del magma inconscio.
Una tempesta di desideri affidati alla calma volontà.
Dell’occhio ciclonico.
Una forza.
Non una forzatura.
Perchè il desiderio può essere ciclopico.
Pensarsi gigante senza esserlo.
Fragile colosso.
Oppure rovina.
E ripensavo quindi, caro Diego, a un conoscente in fase di tribolazione economica.
Se avesse quel desiderio di lettura.
Con le biblioteche gratis.
Gli basterebbe il part-time.
Ma accumulare soldi con i soldi era più (non trovo il sostantivo).
Perciò si è perso i risparmi di tutti quelli che gli avevano dato fiducia…
E ora sogna i serpenti.
Si sente un verme.
Sogna i serpenti…
Forse, gli ho detto, hai soltanto bisogno di non cadere.
Un’altra volta.
Stai gattonando come un bambino appena rinato.
E’ presto per camminare.
Non hai ancora la gamba per misurare il passo.
Quindi non devi correre.
Ora forse il suo desiderio è aspettare.
Di converso il mio era quello di non scrivere.
Grazie quindi per questa rivolta pulsionale, hehe.
Caro Diego, grazie per il desiderio, che neanche concepito nella mia mente – chi ci pensava?, mi e ci hai regalato, hai realizzato un sogno, il super-sogno (il sogno di poter tornare a sognare, per dirla con parole tue) con la concretezza del movimento degli invisibili. Mi (ci) hai dato tantissimo, al di sopra del non immaginabile, il massimo, mi sento contenta, responsabile, coinvolta e te ne sono grata.
Ho riletto due volte il testo per capire bene, e cosa più mi ha colpito ed ho capito è stata l’ultima frase.
Dopo di che non so cosa dirti, tra l’altro sono stanca ed un pò fusetta per il troppo-lavoro in senso generale e la chiuderei qui. Ho dovuto riscrivere tutto per colpa di un clic fuori campo che ha fatto andar via tutto, avevo scritto altre cose. Ciao:)*
L’urlo è ormai nell’aria… mondi oscuri, irrequieti e solitari, si intravedono nelle anime problematiche come la tua e …la mia.
ciao jak
ok sulla prima parte del mio messaggio.
Sulla seconda mia parte(da “ho riletto” in poi) equivale a dire: va bene darci la tua esperienza e ciò che hai imparato, ma ho avuto la sensazione che ti abbiano chiesto troppe cose o desideri. E’ un testo il tuo di non facile e immediata comprensione.In genere da te ho sempre appoggi psicologici importanti che servono in varie situazioni della vita, i riferimenti che fai su persone valgono per quelle pubbliche -politici- ma anche per le persone che ci circondano nella vita privata.
Io nel precedente post avevo scritto dei miei piccoli limitati desideri passati e attuali (ora mi interessa solo la salute mia e della mia famiglia, e non chiedo poco), ma non mi importa in questo momento della mia vita dare troppa importanza ai desideri privati. Volevo ringraziare te per ciò che hai creato principalmente. Forse sarebbe stato meglio non scrivere nulla, sarà la stanchezza ma non ne vengo a capo.
In più scrivere qui, sapere che tutti leggono, a differenza di come facevo prima, mi sento un’altra, non mi piace molto. Ho perso di spontaneità ed emozione. In più scrivendo da qui sono sempre continuamente deconcentrata perchè ogni cinque minuti viene qualcuno, suona un campanello, c’è da far qualcosa, ecc. ecc. e trovare di nuovo il filo è dura.
Concludendo penso che sia meglio che non pubblichi questi commenti, ma ti tieni per piacere tutto questo per te, giusto per salvaguardare la mia privacy. Accetto consigli. Sono già bell i 7 punti di Paxlex su “essere”. Grazie Diego in anticipo, ti saluto ora.
Lo so che non c’entra niente,ma ci devono essere problemi con il sito degli invisibili……perchè desideravo aprirlo e desideravo leggere ma niente da fare.
Ciao Diego
meraviglioso…
io stanotte ho fatto un sogno bellissimo… ho sognato che io e mio marito stavamo nel mare sdraiati su un materassino di gomma… che bello…
ci basta poco per essere felici…
basta un sogno… pensarlo, desiderarlo.. e avere la pazienza di aspettarlo.
..almeno fra qualche mese potrò realizzarlo.. ehehe
I sogni son desideri,…………………. o meglio i sogni sono desideri?Mah…
Ho sognato di incontrare Diego
Ho sognato di incontrare tutti gli hermanos
Ho sognato di ballare con loro
Ho sognato di fare qualcosa per il mio paese
Ho sognato di fondare un movimento diverso
Ho sognato di credere in un mondo diverso
Ho sognato di non essere da solo
Ho sognato……Ho sognato?
Il sogno si sta trasformando in realtà,e i miei desideri si stanno avverando.
Ciao
http://www.youtube.com/watch?v=D0HYtauA3C0
riccardo, basta che non vuoi ballare con me che sono un plantigrado :))
p.s. il sito ora e’ online, problemi di server e manutenzione 🙂
errata corrige: non e’ online 😉
Mncano ancora 36 giorni….il sito funziona….Diego dì a Jack di portare tutti i suoi dischi in Sardegna…..non vorrai mica farci sentire musica house!
Carissimo Diego, eppure dovevo sapere che “non ti sai tenere un cecio in bocca”, comunque non era un gran segreto. La stanchezza mi ha giocato un brutto scherzo.
Precisazione d’obbligo: non è che non mi piace molto scrivere qui, mi piace moltissimo invece. Forse non mi piaccio molto io, perchè a volte scrivo e poi cancello, a volte mi sembro troppo ovvia,a volte penso troppo e ne viene fuori un minestrone. Un consiglio me lo do da sola: in alcuni momenti è meglio che mi dò all’ippica o faccio altro o altrimenti mi scrivo per benino tutto su un foglio e quando son convinta riscrivo. Ora sono a dita libere… attenzione…
Meno male che il sito ha ricominciato a funzionare, pensavo già ad un oscuramento prima ancora di fondare il m.d.i..
Ciao a tutti!