Giovedì 12 Giugno

Come si può lanciare per aria un bambino di tre anni e rimbalzarselo gli uni con gli altri per farne un bersaglio vivente, urlante, da abbattere a fucilate? A Sant’Anna di Stazzema, i primi di agosto del 1944, a un battaglione SS capitanato dal maggiore Walter Reder e guidato da fascisti collaborazionisti a caccia di partigiani, il “tiro al bambino” parve un passatempo di guerra, un Luna Park umano, un gioco elettrizzante, come impalare le donne, o sterminare in sole tre ore, nelle stalle e nelle cucine, 560 civili inermi, mamme, nonni, bambini. Di quella Fiera del Male, quell’Esposizione Mondiale di orrori che fu l’ultima guerra, Sant’Anna di Stazzema non fu che un periferico stand. Anche noi italiani ci distinguemmo in veste di belve, per esempio in Grecia. Esponemmo i nostri orrori in fiera. Le SS, prima di essere un corpo militare prediletto dal Führer, sono una categoria dello spirito, una divisione militarizzata ed efficiente della metà della nostra coscienza, la mezzaluna buia dell’animo umano. Tra i doveri del servizio pubblico, quello della memoria è il primo. Ieri sera, a “La storia siamo noi”, la lunga ombra degli orrori di Sant’Anna di Stazzema era scandalosamente attuale. Perché tre ore prima (il tempo esatto che impiegarono le SS a compiere quella strage degli innocenti) era andato in onda il telegiornale. Da almeno due notizie esalavano gli stessi miasmi di Sant’Anna, il fumo acre dei corpi bruciati, gli orrori sfavillanti di cui siamo capaci senza neanche la scusa di trovarci in guerra. La nuova strage di morti bianche a Catania, con sei operai uccisi. La clinica Santa Rita, a Milano, dove era prassi asportare un rene o un polmone a chi si era ricoverato per un’operazione assai meno remunerativa, per i primari e la clinica, definita da uno degli anestesisti “una macelleria”. Senza le intercettazioni della magistratura (così come senza i documenti storici sul Luna Park del male del 1944) non sapremmo niente della banalità della ferocia. Lo “slang” utilizzato da quei chirurghi delle SS di Milano nelle loro chiacchierate telefoniche è purtroppo assai simile a quello dei tedeschi e dei fascisti che lanciavano un bimbo per aria per farne tiro al piccione. Oggi, in Italia, la vita altrui è altrettanto indifferente, l’importante è lucrare, tutto il resto è noia come cantava Califano. Anche la sicurezza sul lavoro costa, mentre la vita di un operaio non vale nulla, al massimo il prezzo di una dichiarazione. “Ora basta”, ha dichiarato il Presidente della Repubblica. Ma in Italia è in corso una straordinaria precipitazione della cattiveria, e un semplice basta, per quanto autorevole e solenne, non basta affatto. Se la ferocia è prassi quotidiana, la corruzione il costume di un popolo, le stragi sul lavoro immancabili sul giornale come il trafiletto degli oroscopi, ogni stupore è ipocrita, inconcludente, banale quanto il male. Credo che l’Italia sia in guerra, né più né meno del 1944, ma nessuno lo sa. Non ne siamo venuti a conoscenza. Conduciamo esistenze da falene a rovescio. Corriamo incontro all’ombra, non alla luce. Ci stiamo bruciando le ali a un sole nero. Tutto ci conduce e seduce verso la zona buia dell’anima: la politica, l’informazione, la vita di ogni giorno. Sul bene abbiamo imposto il coprifuoco. Le cose sacre della vita hanno perso la guerra. Ma finché non avremo profonda coscienza di questo, nessun alleato ci potrà salvare e nessun dopoguerra ci farà rinascere. Abbiamo venduto l’amore per trenta denari. Per questo siamo assediati dalla morte.