VOGLIO CHE TU NON ABBIA PIÙ PREZZO di JACK FOLLA

Che vuoi da me, perché mi stai leggendo, che ti credevi di trovare, qui? È un pezzo lunghissimo per Facebook, non arriverai mai in fondo, non ti va e non ce la puoi fare. Accomodati in poltrona come il topo di Hector Navarrete della foto. Prima però ti voglio fare una domanda: ma tu esattamente di che hai bisogno, fratello: di coccole, di sberle, di un po’ e un po’? Io ci starei pure a farti da sparring partner ma sei sicuro di voler salire sul ring? Neanche con una trivella, ormai, riuscirei a far uscire un ragno ribelle dal buco che ti hanno e ti sei scavato dentro. Così dici: ma è questo il Jack Folla che amavo? “Non sarà diventato più buono?” Ma non sarà invece che tu sei diventato più cattivo, tesoro? (la parola precisa è maligno). Quanto malignate, fratelli, mi stringe il cuore. Ogni volta che additate qualcuno giudicandolo con disprezzo, o lo linciate sui social, non vi accorgete di sventolare una bandierina rossa con su scritto “Mi faccio schifo, cazzo!” Lo sai cosa sarebbe più semplice? Ammetterlo. Ma tu non vuoi soffrire per rinascere e allora “dagli all’untore!” Risultato: ti becchi la peste dell’anima, soffri il triplo e tiri le cuoia senza neppure essertela spassata granché. Dammi un grammo di fantasia originale, baby.

No, io non sono più buono (o forse sì, a chi vuoi che gliene freghi? Caldo o freddo, mi piace o non mi piace, buono o cattivo, sono tutte stronzate per farci tenere la coscienza a cuccia.) La verità non è mai divisiva, siamo un’anima sola e abbiamo dentro tutto. Io sono molto più figlio di puttana di un tempo, ma tu non te ne accorgi, fratello, sai perché? Non c’è rock dopo queste parole, né la mia voce ruvida s’intrufola dentro di te per rotolarsi sul tuo cuore come un  porcospino sexy. A leggere ti stufi subito, ma soprattutto Jack non sta più sotto lo schiaffo del boia.

Era esaltante assistere alla morte di un altro, vero? Che figo protestare contro un’ingiustizia, ti faceva sentire migliore. Qualsiasi cosa dicessi, era una bomba di anima e sangue. Se poi al termine ti gettavo fra le braccia di un gospel come “Gotta Serve Somebody” cantata da Bob Dylan con Mark Knopfler che artigliava la chitarra più cattivo di un’aquila che ghermisce un drone, era come se fosse tornato una specie di Gesù di periferia e, contemporaneamente, te ne venissi in un lago di piacere come in quel motel con l’amica di tua madre che t’insegnò a scopare.

Tu vuoi un orgasmo virtuale o fare l’amore davvero? Perché amare è una cosa feroce che ti porta dove non osavi neanche immaginare. Amarvi uno per uno, poi, è difficilissimo. Ma così bello e grande. E tu, vuoi vivere o ti accontenti di fare finta? Quanto sei disposto a credere in me, quanto ci vuoi puntare su tuo fratello, che pezzo di te vuoi offrirmi in cambio, o pensi di essertela cavata leggendomi gratis, qui su FB, o col prezzo di copertina su Amazon? Ti ringrazio, ci mancherebbe, la prossima strisciolina di una capricciosa senza carciofini (a occhio i miei diritti d’autore per 1 copia) giuro, la ingollerò pensando a te. Con riconoscenza. Ma attualmente, per Jack, sei come la Bentley Continental del 1956 che mia madre americana ereditò dallo zio Fred. Se la rivendette di corsa a 5000 euro, un mese prima di morire di tumore, per rifarsi il bagno con le piastrelle firmate Versace. Quando lo seppi, la informai che la Bentley di zio Fred valeva circa 400.000 euro, povera mamma, era un gioiello d’epoca, mi sa che è morta subito anche per colpa mia. Però era la verità. Ve-ri-tà. Conosci una parola più bella? Io no. La amo più di mia madre. Verità per me è tutta la mia famiglia.

Tu sei come quella Bentley Continental, sorellina mia, fratello. Non chiedermi perché sei così importante per me, cazzo ne so? Ciascuno ha la sua croce. Voglio che scendi  in garage e la rimetti in moto. Voglio che tu non la venda al concessionario più guitto del Prenestino, come fece mia madre. Voglio che tu non abbia più prezzo.

Vent’anni fa ci avevo già provato con un microfono, la sedia elettrica e una collezione di dischi della Madonna. Ora te lo scrivo da un bicamere e cucina senza mobili e pubblicandomi da solo. Rimettiti in moto. Esci da quel fottuto garage dove ti sei rintanato come una tapira. Vienimi a cercare. Sai dove trovarmi. Anche se la mia casa di Roma per te è più lontana dell’America. Perché non c’è più la sfavillante insegna al sangue ADX Florence (United States Penitentiary Administrative Maximum Facility). In compenso potrai sentire il mio vicino che, a mezzanotte, sta gridando alla moglie: «Ma nun è er callo, è l’ummido che te frega!». Sto in via del Fosso di Centocelle, non un granché, ma qui siamo fieri che sul pratone davanti ci volò Wilbur Wright in persona, uno dei due fratelli che inventarono l’aviazione.

Muoviti, passami a prendere e stavolta portami a spasso tu. Se continuo a parlarti di me, mi viene la nausea. Da vent’anni ti riempio il serbatoio con la mia benzina. Accendilo tu quel cazzo di motore. Sei tu quella nuvola di polvere e d’olio che fa. Ti sei dimenticato l’eccitazione che ci dava da ragazzi andare in gita? Poteva capitarci di tutto. Chi te l’ha ficcato in testa che non è più possibile? Che sei in gabbia per sempre? Il futuro comincia adesso.

Hanno suonato al campanello. Miracolo. Sei tu?

Sei riuscito ad arrivare al traguardo? Sei uno dei pochi, fantastico, grazie di essere qui. Era un brano del “Libro Nero”. In occasione del lancio della nuova edizione del “Mercante di fiori”, puoi trovarlo in eBook, come gli altri miei libri, a soli 2,99 oppure di carta. Approfittane ora. Se vuoi. Su Amazon o dalle mie mani, sul mio sito, qui.

 

OSERÒ CON JACK FOLLA LA MIA VITA SU UN’ALTRA SCACCHIERA DELL’UNIVERSO

Alessandro Verrelli è un giovane intelligente e in gamba, quindi in Italia è fottuto. Sta meditando di andare oltreoceano. Qui in Rete ha un giornale indipendente, Lanternaweb. Mi ha chiesto un’intervista. Ve ne anticipo un estratto.

Su Rai 2, nel 2000, viene trasmessa e raccontata la latitanza del tuo celebre personaggio. Ma Jack Folla ha trovato veramente pace? Sei sicuro non sia ancora in fuga?

“Jack Folla non può trovare pace. È l’eterno latitante, l’uomo libero in fuga in avanti che c’è dentro ciascuno di noi. I tedeschi lo definiscono “Der suchende”, colui che cerca, il Cercatore. Se dovessi scrivere il personaggio daccapo, oggi lo farei donna: una DJ condannata a morte. Noi maschietti del terzo millennio siamo un po’ spenti. Sono le ragazze ad avere la lanterna di Diogene in mano, oggi. Sono loro le “Der suchende”, le minatrici che scavano a mani nude alla ricerca delle perle preziose dell’essere”.

Ogni anno tanti giovani vanno via dal nostro Paese. Negli ultimi 10 anni 100 mila giovani laureati sono andati all’estero per cercare fortuna. Cosa direbbe Jack a tutti questi latitanti?

“Che nella sfortuna sono stati fortunati, persino se non dovessero trovare fortuna. Perché nel verbo “osare” è nascosto un tesoro. Indossare quel verbo, avere il coraggio di viverlo, è la miglior cosa che gli potesse capitare. Raggiungere la meta, il trionfo personale, è relativamente importante. Ma osare se stessi, l’avventura, donarsi al cambiamento pagandone il prezzo, è comunque vincente. La tua domanda, a parte Jack, mi ha ricordato la dedica finale che scrissi per un altro romanzo “Tango alla fine del mondo”, la storia di una ragazzina siciliana di fine 800 e di suo padre, uno di quegli italiani disperati e coraggiosi che emigrarono in Argentina e furono tra i padri del Tango. “Questo romanzo è stato scritto per tutti i giovani, le donne e gli uomini fantastici, clandestini di ieri e di oggi, senza denari in tasca ma con un passaporto invisibile per le dogane del futuro”. Ecco, ai giovani laureati costretti a emigrare oggi, gli augurerei di fabbricarsi questo passaporto invisibile.

Tornerai a raccontare la storia di Jack? Io ci spero.

“Sto pensando di pubblicarlo in America e anche nei paesi di lingua spagnola, di far emigrare quel libro, aggiornandolo come se fosse stato scritto ieri. Di tentare l’avventura un’altra volta, di osare con Jack su un’altra scacchiera dell’Universo. E chissà che non ricominci a vivere, questo DJ condannato a morte, da una radio di un altro Paese, visto che nel nostro è stato giustiziato”.