BARRICATI IN CASA DI TUTTA ITALIA, UNITEVI


Siamo barricati in casa. Personalmente non è cambiato niente. Già da un pezzo ero un koala in estinzione su un divano. Ora è come se avessi la nazione intera seduta in salotto. Condividiamo la strizza d’infettarci, la compassione per chi sta lottando con il virus, l’ammirazione per gli eroi in mascherina delle terapie intensive.
Non manca mai l’idiota che propone un carnevale dei Puffi a piazza di Spagna, o un’orgia di massa travestiti da Tarzan e Jane nel suo villone a Fregene, lanciandoci con le liane tutti nudi dalle finestre in piscina. Sul fronte dei sovranisti, invece, meraviglioso silenzio. “Tornatevene a casa vostra” gli è ritornato indietro come un boomerang.
Francamente proporrei, invece del fantomatico Paziente Zero, di cercare il capostipite di tutti gli imbecilli d’Italia. Il primo di quelli fuggiti in treno di notte da Milano per far apprezzare le bellezze del Sud al coronavirus, seduto in grembo a loro sul Frecciarossa o spaparanzato sui trolley. Rintracciare il primo Adamo o Eva che si è catapultato in Sardegna, illudendosi di salvarsi il culo perché ha la villa a Porto Rafael o l’attico a Capo Caccia, infettando i sardi, invece, e centuplicando il rischio per sé e per loro, avendo invaso un’isola che avrà si e no quattro letti e mezzo in terapia intensiva. E segnalare al pubblico sghignazzo il primo di quelli che non resistono in casa da soli 5 minuti. Quello che “se non mangio subito una pizza 4 formaggi, impazzisco”. Quello che “Mi manca l’aria, scusate ma esco anche perché in casa con voi non ci resisto”. Era lui il pericolo pubblico da trovare: l’IMPAZIENTE ZERO.
Ah se avessi un microfono, fratelli. Altro che Radio Londra! Vi avrei trasmesso RAC, Radio Anticorpi Combattenti. Se il Covid-19 è invisibile, le onde radio lo sono di più. Sarebbe stato un combattimento ad armi pari. Perché anche le parole giuste e la musica vera, contagiano. Ma invece di sbrindellarci i polmoni, ci rafforzano le difese immunitarie e ammutoliscono i fessi, quelli che attribuiscono la colpa a un “gomblotto” ordito da Washington, Mosca e Pechino (più l’immancabile Soros) per imporre il coprifuoco e ridurci in schiavitù.
Tenendo alta la solidarietà e l’amore per chi soffre, riscopriamo quella meraviglia che è il mutuo soccorso, come chi si offre gratis di far la spesa ad anziani sconosciuti, rimasti da soli barricati in casa, per non esporli al pericolo. Guardate che nella conchiglia di questa tragedia è nascosta una perla. La grande occasione che ci offre il Covid-19 è di conoscere quello straniero che abitava silente dentro di noi, ascoltare quel che aveva da dirci da anni, essere riconoscenti a Madre Natura, imparare finalmente la lezione. Meditare con lui, leggere con lui al fianco, giocarci insieme, farcelo nostro compagno. E quando saremo finalmente inseparabili dal nostro vero Sé e il coronavirus sarà debellato, tornare in strada con una visione meno egoista della vita, un sorriso nuovo, una forza ribelle, ospitando nel cuore tutti quelli che in questi giorni malati avremo perduto.

LA CAROGNETTA


Il Coronavirus ha incendiato le nostre fantasie più macabre, neanche fosse la peste. Va combattuto, con igiene e saggezza, ma è solo un’influenza più dispettosa delle altre, la carognetta. Al momento in cui scrivo (le 18:45 di sabato 22 febbraio) due persone sono morte, in Veneto e Lombardia, e 53 sono i contagiati. Numeri destinati a crescere, è evidente, perché la carognetta svolazza. Per cambiar di casa le basta cavalcare, come una fattucchiera nera, uno starnuto, o montare a cavalcioni su una scarica di colpi di tosse per spostarsi da una bocca all’altra come su un Frecciarossa. Stiamo prudenti ma tranquilli, perché anche le carognette più dispettose si possono curare. Le guarigioni in Cina sono molte, accadrà lo stesso pure qui. Occorrerebbe smettere di eccitare la suggestionabilità popolare, invece. Proviamo a raffreddarci con un esempio.

Ogni anno, nel mondo, muoiono otto milioni di persone, non due o tremila, otto milioni per il vizio del fumo. In Italia, i morti sono 80 mila all’anno. È come se di colpo sparisse una città come Lecce, o Catanzaro, o tutta Asti, o tutta Caserta. Per le sigarette. Ogni anno. Ecco, per ora, in paragone con la carognetta, il fumo dovrebbe farci rizzare i capelli in testa dal terrore. E ogni edizione del telegiornale dovrebbe aprirsi con dieci minuti di notizie allarmanti sulle bionde che uccidono a raffica come le mitragliatrici naziste il giorno dello sbarco degli alleati in Normandia. Invece nisba. Manco uno strillo di prima pagina.

Adesso come tipo di morte va di moda la carognetta. Prendiamo tutte le precauzioni suggerite dal ministero della Sanità ma se anche dovessimo barricarci in casa dalle Alpi a Capo Passero, ricordiamoci lo strepitoso incipit di un capolavoro “Il diavolo in corpo” di Raymond Radiguet. “Sarò oggetto di biasimo. Ma cosa posso farci? È forse colpa mia se ho compiuto dodici anni qualche mese prima della dichiarazione di guerra? (…) Chi già me ne vuole si figuri ciò che fu la guerra per tanti ragazzi molto giovani: quattro anni di continue vacanze”. La carognetta può farci isolare dal mondo, come se fossimo sotto le bombe. Non credo che sarà un’Apocalisse. Ma se anche lo diventasse, chi lo sa se fra vent’anni chi è sopravvissuto non si ricorderebbe i giorni del Coronavirus, chiuso in casa, come una delle esperienze più avventurose ed eccitanti della sua vita?