MIO FIGLIO STA MORENDO AD ALEPPO

Un giornalista siriano di Al Jazeera racconta in diretta lo stato d’assedio di Aleppo. Trecentomila persone circondate dall’esercito del dittatore Bashar al-Assad, presidente della Siria. Le milizie impediscono che la gente di Aleppo riceva cibo e medicine. Il corridoio umanitario è bloccato. Il giornalista si chiama Milad Fadel, è molto concitato, si esprime con un fiume ininterrotto di parole in arabo, una a spalleggiare l’altra, quasi temesse che anche le parole non possano più reggersi in piedi e cadere stremate. «Si dice e si ripete che bisogna riportare ciò che accade in Siria con oggettività» annuisce a se stesso con rigore, da reporter di guerra. «Ma di fronte a questo disastro umanitario…» e scoppia improvvisamente in pianto «…dei bambini che muoiono di fame!» si asciuga gli occhi che hanno visto quei corpicini morenti della sua Siria, della sua terra.

Dallo studio centrale gli speaker riempiono quel vuoto che alla tv fa più paura della guerra atomica e staccano il collegamento, ma Milad Fadel era già uscito di campo lateralmente, interrompendo il servizio.

Il video è diventato virale e sta facendo il giro del web. Per i bambini di Aleppo che muoiono come ad Auschwitz in questo agosto 2016? Temo di no. Perché fa notizia un giornalista a cui la notizia è caduta per terra come un bambino dalle braccia. E per vedere com’è un reporter di guerra che piange.

Ma se i bambini di queste foto fossero stati italiani intrappolati ad Aleppo per qualche assurda coincidenza, un’onda colossale di emozione e indignazione popolare si sarebbe abbattuta fragorosamente dalle televisioni alla Rete, e dalle radio fino all’ultimo profilo di Facebook, in uno tsunami di amore che non sente ragioni. Si sarebbero allertati ministri e servizi segreti, trovati fondi occulti per rimpinguare le casse di Bashar al-Assad in cambio della liberazione dei nostri bambini, forse si sarebbe chiesto e ottenuto alle forze alleate di tirarli fuori da Aleppo con un blitz. Ma così non sarà. (Forse è proprio per quest’indifferenza globale che il giornalista Milad Fadel è fuggito dalle telecamere inciampando nelle sue lacrime). “Ma noi che ci possiamo fare?” direte. Me lo sono chiesto anch’io e naturalmente la prima cosa utile è un versamento alle onlus che si occupano dell’emergenza in Siria, in particolare dei bambini assediati dalla guerra. Ma poi dobbiamo rivolgere quei cannoni contro noi stessi e bombardarci la testa e il cuore con un concetto che deve mettere radici nel profondo di ciascuno di noi.

È tuo figlio.

Quel bambino della foto è tuo figlio.

Forse è anche più di tuo figlio. E sta morendo di fame ad Aleppo.assediati-dalle-forze-di-assad-i-siriani-di-madaya-muoiono-di-fame-orig_main