Più il mondo corre veloce più medito per rallentare il tempo. Per mezzora torno al silenzio delle stelle. Respiro come una tartaruga. Ma lo smartphone silenziato scalpita e vibra dietro la mia porta. M’inchino all’universo, riaccendo la luce e il volume della vita virtuale, clicco, mi rituffo nel gorgo, spremuto come una banana in questo frullatore di post, video, news. Non ho il coronavirus ma sono un contagiato da una febbre che tutto divora, una smania che non si appaga mai, una peste frenetica infettata da messaggi, serie tv, email, Facebook, whatsapp. E adesso il delirio, la possibilità folle di riprodurre film e serie tv a una volta e mezzo la velocità naturale. Perché? Per recuperare alla bell’e meglio le puntate perdute della Casa di carta o spararmi The Irishman a doppia velocità. O l’audiolibro della Peste di Albert Camus letto come un cavallo selvaggio al galoppo. La nuova peste si chiama FOMO (Fear Of missing Out, la paura di perdere qualcosa) ce l’hanno inoculata gli untori del marketing: più ingurgiti velocemente meno trattieni e più hai fame d’altro ancora. Brad Bird, il regista Oscar per Ratatouille, protesta “Come può Netflix sostenere e finanziare dei registi per poi distruggere così il loro lavoro?”. In effetti è come vedere i film muti di una volta con tutti i personaggi che trotterellano velocissimi. Ma non preoccupatevi per me, amici, scherzavo: non ho la FOMO e non sono un appestato dallo “speed watching”. Però so che il suo bacillo latente e silenzioso pattina già sui nostri circuiti neuronali e, se lo trascuriamo, la lastra della vita vera potrebbe squarciarsi facendoci inghiottire in quest’inferno allucinato in cui non ci si può più godere un film in santa pace, ma solo come se fossimo sotto l’effetto delle amfetamine. Una splendente giornata a tutti, adesso facciamo un bel respiro profondo e godiamoci il piacere di vivere. Al rallentatore, così dura di più.
(Photo by Cole Rise)