Al mondo esistono due categorie di persone: i mangianuvole e i mangiapolvere. I primi piantano la loro bandierina fra le stelle. I secondi hanno i piedi ben piantati per terra. Gli idealisti hanno una visione, i pragmatici ci mettono qualche decennio per capirla, però poi la realizzano. Da noi, invece, chi sale sull’albero litiga con chi sta sotto, per principio. Non si conclude mai nulla. Non esiste, in natura, un italiano che sia mai completamente d’accordo con un altro italiano.
Il conflitto diventa paradossale quando il mangianuvole scende dall’albero determinato a convincere l’altro a suon di scapaccioni e il mangiapolvere si arrampica sui rami veloce come una scimmia. I ruoli s’invertono. Adesso chi sta sotto afferma l’esatto contrario di quando stava sopra e l’ex mangianuvole lo contesta con i medesimi argomenti che disprezzava altezzosamente dall’alto, poco prima.
La natura, che ama semplificare le cose, ha prodotto così un prototipo di ultima generazione. È l’italiano che si sdoppia da solo. Una parte si arrampica sull’albero e l’altra, contemporaneamente, si rifiuta.
«Non fare il bambino, scendi!»
«Bambino ci sei tu. Sali, è belisimo!»
Quando la metà di me dice “è belisimo!” con una esse sola, mi prudono le mani. Stamattina il paese fa schifo, dalla nebbia non si vede a un passo, stavo per mettere sotto una vecchia, e lui mi fa: «Guarda! La nebia! Sali, è belisima!» Tutto ciò che a me non piace, come la bieta o gli gnocchi, lui ne va matto.
Ieri abbiamo trascorso la domenica a litigare su Casaleggio. «Ma come si fa, dopo Lampedusa», gli ho gridato mentre si limava le unghie, appollaiato su un ramo, indifferente. «Come si fa -dico- a dichiararsi contrari all’abolizione del reato di clandestinità? Come puoi contare i voti quando in mare si contano i morti?»
«È belisimo! Ha ragione Casalegio. Non c’era nel programa!»
Ce li ho tutti e due dentro come Alien. Fratelli d’Italia. Le nostre opinioni vanno e vengono, incessanti, il paese è un ascensore impazzito. Bloccato tra sopra e sotto in un litigio perenne su a chi tocca pigiare il bottone.
Il problema è che non era un ascensore ma un albero.
Un tempo, un maestoso albero. E si sta letteralmente seccando.
Coro: «E quindi?»
Albero: «E quindi cosa? Sono un albero, che volete che ne sappia? Abbiate almeno il buon gusto di trovare uno straccio di visione comune, perbacco! (Gli alberi secolari usano ancora espressioni ottocentesche come “perbacco!” o “perdirindindina!”- N.d.A.) La globalizzazione è stata una guerra nucleare dei soldi e voi l’avete perduta! Ma siete gli ultimi a saperlo mentre tutto il mondo vi ride dietro. Pure la Grecia e l’Albania.»
«Ha ha, molto divertente. E invece cosa dovremmo fare secondo te?»
«Un Piano Marshall, come nel 1948».
«Guarda che Obama sta messo peggio di noi.»
«Un piano Marshall senza gli americani. È sempre più difficile, come al circo.»
« Senza cioccolata? Senza Am-lire? Senza nessuno che ci aiuti? Manco la Merkel? Impossibile.»
«Potate me.»
C’è stato un grave silenzio. Poi metà di me è scoppiata a ridere: «Che ha detto, “patate”?»
«No» ha riso l’altra. « “Potateme”. È un albero romanacio! …Belisimo! » Ed è sceso a terra con un salto. Ci siamo messi a guardarlo, quel vecchio coglione, ridendo fianco a fianco, per la prima volta congiunti, fratelli, i nasi per aria.
«Potate me» ha ripetuto l’albero, serio come la fame, e alla fame non puoi replicare.
Allora mezzo me ha ordinato: «Non hai sentito che ha deto? Muoviti! Vai a casa a prendere l’inafiatoio e il rastrelo… e anche la sega di nono!»
«Non sono il tuo schiavo» ho risposto. «Ma vacci tu.»
Adesso stiamo andandoci insieme, litigando al solito, in questa dannata nebbia. Lui sostiene che casa nostra sia a destra, io a sinistra, ma anche se non abbiamo alcuna intenzione di ammetterlo, siamo entrambi convinti, in cuor nostro, che l’albero non abbia poi tutti i torti. E sia che lo guardi da sopra, sia da sotto, resta uno degli alberi più belli della Terra. «A potarlo per bene, potrebbe ancora darci dei frutti …»
«…Belisimi!…» esclamiamo insieme, con una esse sola, ingenui ma concreti come siamo noi quando, con la schiena piegata in due a lavorare sodo, come ora, stiamo facendo qualcosa sia da mangianuvole sia da mangiapolvere, potiamo l’albero che da secoli dà da mangiare alla nostra famiglia, mentre il mondo ci spia dall’alto e dal basso, senza riuscire a indovinare come diavolo ce l’abbiamo fatta anche stavolta.
Roma, 14 ottobre 2013
(Foto di Percey Smith)