CHE CI FACCIAMO, NOI, QUI?

I telegiornali parlano solo di soldi e di tragedie scaturite dalla mancanza di soldi a un’Italia che non ha più soldi. È come se si occupassero solo di letteratura in un paese nel quale non si legge più un libro. Tutto l’architrave del consumismo è rimasto intatto: notizie, prodotti, pubblicità. Mancano i consumatori e i soldi. Sembra di stare a Hollywood senza il cinema.
Che ci faccio, io, qui?
Parlano politici, banchieri e speculatori. Amministrano un patrimonio sempre più esiguo e lo distribuiscono a chi è sempre più ricco. Piccoli lestofanti crescono.
Che ci faccio, io, qui?
Dovrebbero vietare i telegiornali ai minori di quattordici anni. Se avessi avuto quattordici anni oggi, sarei morto di noia e di terrore. Senza più Sandokan per lanciarmi all’arrembaggio dai miei prahos, senza più Zanna Bianca per gettarmi alla conquista dell’oro nel Klondike. Forse mi sarei gettato nelle braccia del Papa a fare la ola a Gesù, o nelle braccia dell’ecstasy a farmi una ola nel cervello.
Di sicuro mi sarei chiesto: che ci faccio, io, qui?
Una moltitudine di donne, uomini, vecchi e ragazzi, senza denaro, senza sogni e senza futuro, si aggirano fra le macerie di un mondo che non c’è più, con l’amara sensazione che forse per loro non c’era stato mai. Guardano lassù dove avevano riposto tutte le loro illusioni, ammiccano al castelletto illuminato e presidiato da guardie armate, poi ne rileggono le cronache mondane sui fogli di giornale che svolazzano al vento, riascoltano e rivedono notizie che non li riguardano in un televisore rimasto acceso, gracchiante, in bilico su un capitello come un santo stilita.
Silenzio! Avete sentito? Che cos’era quel suono, una sirena o un gabbiano?
Come un sol uomo ci rivolgiamo al rigo dell’orizzonte sul mare.
Non si vede, ancora, nessuna nave.
Che ci facciamo, noi, qui?
Stiamo aspettando un pittore che ridipinga il mondo.