Cultura
Dal 21 in libreria
il nuovo libro
del sardo Diego Cugia

martedì 13 marzo 2001

“NO”. No alla mediocrità. No alla superficialità. No all’appiattimento. No alla stupidità.
E’ l’ultimo libro di Diego Cugia <http://www.diegocugia.no.it/> , 48 anni, giornalista, autore e regista “sardo, ma nato a Roma da genitori cagliaritani” racconta. Innovatore della televisione, ha firmato programmi di successo come lo sceneggiato "Il Mercante di fiori", il varietà "Francamente me ne infischio" e "Alcatraz". Tra le opere pubblicate: "Il Mercante di fiori", "Dominio" e "Jack Folla Alcatraz".
Il nuovo romanzo racconta la storia di una giovane professoressa ribelle, Speranza Adamoli, che decide di scappare dall’Italia terrificante e squallida della televisione spazzatura, delle soap opera, delle trasmissioni lacrimevoli, del trasformismo e della non coerenza, della politica “di quello che era vero ieri, oggi non lo è più”. L’Italietta dei picchiatori fascisti diventati senatori, dei comunisti diventati cattolici e degli ex-emigranti diventati xenofobi.
Si rifugia in un isoletta greca, Antikythera, ma diciassette anni dopo, una troupe televisiva e interattiva arriva al suo nido e per mano del presentatore viene avvelenata a morte con un biscotto allucinogeno. Perché? Semplicemente per soddisfare la curiosità morbosa e malata dei telespettatori che vogliono vivere in diretta le ultime visioni della vittima, protagonista inconsapevole di questo macabro show. Viene violato tutto della sua intimità e interiorità, compresa la storia d’amore tra lei e Paolo, ultimo puro, giornalista libero.
Ma vedendola sugli schermi, un ex alunno, parte per cercare di salvarla.
Quel pubblico che gode davanti alla morte, voterà per la sua salvezza?
Il giudizio finale nelle mani dell’audience. L’audience come Dio, l’etere come il purgatorio.
“Una critica spietata al mondo marcio della televisione, ad un Italia dove non c’è posto per Speranza, donna di cultura non-omologata” dice lo scrittore.
“Sì sono un visionario, ma con la pretesa di parlare della vita e della realtà. E’ ciò che mi interessa e per questo cerco di utilizzare metodi d’indagine giornalistica, perché credo ancora in questo mestiere come strumento di analisi del reale. La visione è solo una cornice che in se nasconde tutto ciò che disprezzo”
Ma come può un autore televisivo avere questa concezione della televisione ?
“Lavoro con questa idea, ma a guidarmi è la mia coerenza, credo inoltre che il pubblico non voglia la mediocrità e pensarlo è togliersi dall’impaccio di agire con intelligenza. Dare la colpa all’Audience vuol dire svelare i limiti che sono solo di chi non ha più idee, i programmi banali sono solo una dichiarazione della nostra pochezza e l’incapacità di essere innovativi”. La speranza che ci rimane è quella che ci viene data dall’immagine della sua trasmissione Alcatraz, dove non si vedeva la faccia del presentatore-feticcio.

Francesca Fradelloni