Giugno 2002

Da Millecanali

di Francesco Monteleone
Lunedì 22 ottobre 2001, ore 7:2 In quel preciso momento Jack Folla, evaso da Alcatraz, lesse da una stazione radiofonica clandestina un apologo libertario e pacifista, rivolto a tutte le orecchie rabbiose che da giorni sentivano false verità giornalistiche sull'Afghanistan. Detesto gli esperti di guerra…quelli che vanno da Vespa o da Costanzo con le facce da carro armato, le voci attutite da becchino compunto… Fu l'ennesimo incipit di un pezzo di bravura letteraria. Svelava la malafede di chi dissimula i propri sentimenti verso i conflitti armati, fingendosi esperto. "Come può la guerra garantire ciò che essa elimina?" avrebbe detto, meglio di lui, il Prof. Martin Heidegger. Chi cerca la verità cammina in senso contrario alla Direzione Inganni. Jack, è un monaco infimo che ha gli stessi panni degli angeli. Qualche volta vacilla, sopraffatto dall'indifferenza e dal dispiacere, ma nella sua reclusione scribacchiante, lotta contro la dissipazione umana. Peccato che ci abbia lasciati. Il personaggio creato da Diego Cugia nel 1998 (un condannato a morire sulla sedia elettrica che riesce a fuggire e, da latitante, trasmette messaggi clandestini) è diventato in 4 anni un fenomeno mediatico straordinario. Grazie alla sua cattiva infinità di laico, è riuscito ad attirare verso di sé migliaia di animi puri. Pochi programmi sono stati fatti da Radio Rai con tanto linguaggio e pensiero. Bisognerebbe risentirli, quando si ha voglia. Un esempio è la splendida "Lectura Dantis" fatta da Vittorio Sermonti; un secondo indimenticabile prodotto è stato lui, Jack Folla, idolo libertario riuscito a non farsi imbavagliare dai funzionari di Viale Mazzini. La Rai si comporta come Crono, che divorava i figli per paura di essere detronizzato. Bisogna difendersi da essa, ma non è difficile. Basta un poco di inganno e di illusione. Come fece Rea per salvare suo figlio Zeus. Come Sulpicio che mise i suoi domestici sui muli nella guerra contro i galli. Come ha fatto Cugia, che, travestendosi da detenuto con pisto-penna in tasca, è riuscito a dare per qualche tempo un poco di controinformazione, alla faccia della censura. Eppure il galeotto 3957 ci è sempre apparso un personaggio non verosimile: troppo raffinato, colto e soprattutto eversivo. Egli, forse, è stato uno stratagemma degli autori per "partire alla ricerca della tomba di Don Chisciotte", mai della verità assoluta. I suoi critici severi lo hanno qualificato "adolescenziale", come se il suo carattere fosse caratterizzato da inconclusività logica. A noi è sempre apparso uno che pensando ingenuamente, scandiva le domande nella maniera giusta. IL 3° maggio 2002 Jack Folla ha finito di parlare. I suoi spiriti vogliono tornare alla contemplazione mistica e al silenzio. E noi? Durante i suoi 4 anni non abbiamo potuto essere sintonizzati tutte le volte che avremmo voluto, per gustarci l'atmosfera di idee dell'uomo vissuto come sepolcro di ipocrisie. Ragion per cui, dopo "Alcatraz", la pubblicazione del secondo libro-diario dei testi scritti dagli autori Diego Cugia, Stefano Micocci, Andrea Purgatori, è cosa buona e giusta. Rai Eri e Mondadori hanno edito la voce impietosa di un figlio degenerato che per farlo a sua madre "bastava una pancia con le sbarre". Un espropriato che considerò come fratello ideale il giovane suicida Edoardo, chiamandolo con tenerezza "Un Agnelli chiamato Jack". La possibilità di rileggere le splendide invettive recitate dal doppiatore Roberto Pedicini, (Carrey, Bruce Willis, Kevin Spacey) dà fecondità ripetuta al lavoro di un gruppo straordinario. Nel market di rivendicazioni anarchiche di Jack l'albatro, ogni lettore può scegliere un controllo, una costrizione, una brutta consuetudine da distruggere… Ci si può disporre sadicamente contro "i pargoli, che conoscono l'arte del ricatto come la peggiore puttana di Bombay…vizio che imparano prima dell'alfabeto". Oppure vomitare contro "la guasta normalità" che stimola una figlia (Erika) a sbranare la propria madre. O sprangare la TV che ogni giorno celebra la messa del fantastico infelice, o contemplare la sublime figura dello sciacallo yuppie della Dead economy che sotto le torri abbattute va per trovare i detriti d'oro di Cartier. O corteggiare "la ragazza che mangia sempre", che ha paura di essere omosessuale, che si sente inutilmente brutta (Io amo te, non quella stronza che vorresti essere). Quanti sono gli stati emotivi dell'uomo, tanti sono i colpi di luce di Jack, nell'abisso dell'animo umano. Sorpresa, gioia, tristezza, collera, disgusto, paura, vergogna, interesse, angoscia. Tutto descritto attraverso il commento della cronaca quotidiana. Nella vita o si è predatori o vittime. Jack sapeva simulare le due condizioni. Dal suo rifugio radiofonico insegnava a combattere. Ultimamente però intuiva di aver assunto egli stesso una colorazione troppo vistosa. Sapeva che per sopravvivere il miglior modo è passare inosservati. Non agganciare lo sguardo scrutatore del predatore. Meglio azzittirsi, dunque. Oggi ci rimane di Jack Folla la sua antologia. Ci mancherà l'eco delle sue trasmissioni, non il ricordo. Il libro di Diego Cugia è un buon oggetto di collezione. Vale la pena di comprarlo, non di fotocopiarlo. Costa meno di un paio di manette di plastica.


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