03/05/2002
La storia perduta
«Jack l'uomo della folla» di Diego Cugia (Mondadori)
Da GAZZETTA DI PARMA

Subito dopo l'11 settembre era nata una discussione sulle pagine culturali di molti quotidiani. Ci si chiedeva se e come l'attentato alle Twin Towers avrebbe influito sulla letteratura, sulla produzione letteraria. La discussione non era del tutto oziosa, come qualcuno ha detto. Per chi da sempre nelle sue pagine versa fiumi d'inchiostro che attingono alle fonti del presente, del reale, della vita quotidiana e quindi di ciò che accade veramente tutti i giorni e influenza le vite di ognuno di noi, direttamente o indirettamente, quel giorno non potrà restare qualcosa di estraneo. Il problema, quindi, resta eventualmente il «come».

Diego Cugia è uno di questi «scrittori del presente». È l'autore di «Jack folla Alcatraz», l'inventore di quel personaggio hemingwayano che è Jack, il vissuto Jack, il «vecchio» Jack, che ne ha viste tante e sa come va il mondo, e vuole dirlo senza peli sulla lingua. Magari con un po' d'ironia amara, magari con quel tono cavernoso e caldo, forse a tratti un po' retorico, di chi, parlando con chi ha vissuto meno esperienze, sembra parlare con bambini raccolti attorno al camino che pendono dalle labbra del narratore. Ma Cugia non racconta favole, purtroppo.

Nel suo ultimo libro, «Jack l'uomo della folla» (ed. Mondadori), non è solo l'11 settembre il protagonista. E questo è il suo «come» trattare l'argomento. Ci sono anche tutti i fantasmi (soprattutto italiani) della seconda metà del Novecento che hanno continuato ad aggirarsi per il mondo in cerca di giustizia. Fantasmi che non si possono rimuovere, e che ritornano più vivi che mai ogni volta che avviene qualche evento catastrofico, come a ricordare che nulla avviene mai per caso. Che c'è sempre un «prima».

Trasmettendo dalla sua radio clandestina, libera, Jack può dare sfogo alla sua voce, la voce di chi non si rassegna, di chi comunque insiste, anche se disilluso, e che, comunque, spera sempre che qualcuno raccolga le sue parole, le parole che raccontano storie di fantasmi mai placati.

C'è quindi spazio per le Twin Towers, per la «guerra giusta», sulla quale la polemica di Jack incarna le parole di tante leader politici, intellettuali e persone comuni rimaste purtroppo inascoltate. C'è una risposta ad Oriana Fallaci, ma c'è anche il tentativo di rinfrescare la memoria su personaggi che dopo aver compiuto atti criminali, destato scandalo e indignazione, si sono imboscati per anni e stanno rispuntando dopo anni di silenzio, come funghi dopo la pioggia, con una nuova verginità: quella data dall'oblio.

È la memoria storica, o meglio la perdita della memoria storica, uno dei principali, se non il principale, bersaglio a cui mira, a suo modo, Diego Cugia, attraverso il suo Jack. È quel tentativo di risvegliare coscienze assopite. Coscienze civili che abbiano consapevolezza di quanto è successo per capire quanto succede, per ricordarsi il «prima», affrontarlo, ed evitare così che si verifichino sempre più tragici «dopo».

Jean Baudrillard, in un editoriale uscito su «Le monde» il 3 novembre scorso (commentando e riflettendo sull'11 settembre, e soprattutto interrogandosi e cercando risposte sulla follia collettiva di odio e violenza, vendette e rappresaglie, ben rappresentate da un linguaggio manicheo che contrappone «bene» e «male», che non mette in discussione niente e nessuno, ma si preoccupa solo di individuare schieramenti, non importa quanto fittizi e inattendibili), non nasconde, nonostante tutto, di riporre fiducia (o forse sarebbe meglio dire «speranza») nella storia, nella storiografia che verrà, che saprà fare ordine, chiarezza. E soprattutto rendere giustizia a un mondo che fa della falsificazione la sua arma di (auto) distruzione più pericolosa. Anche Jack, forse, pur sotto il suo cinismo di difesa, la sua ironia amara, nasconde, nella rabbia delle sue parole che non celano il disgusto, la stessa speranza, e cerca qualcuno che ascolti la sua voce clandestina sintonizzandosi sulle frequenze della sua radio libera.

Alberto Sebastiani