Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno di venerdì 07-05-1999

Un programma cult che dilaga su internet
Partita il 21 settembre, la trasmissione
radiofonica «Alcatraz» è diventata pre-
sto un programma "cult" della radiofo-
nia italiana. L'autore dei testi è Die-
go Cugia di Sant'Orsola, quaranta-
cinquenne giornalista, che ha già
firmato per la Rai spettacoli di
varietà e sceneggiati. A dare la
voce a Jack Folla è l'attore Ro-
berto Pedicini (doppiatore di
Mozart in "Amadeus ), che ha
una parte importante nel successo del
personaggio. Oltre alle tantissime telefo-
nate («I primi tempi circa 150 al giorno»,
racconta Cugia) e alle lettere, a Jack Folla
arrivano tantissimi messaggivia Internet
(www.diegocugia.com).Sull'onda del successo radiofonico è nato un libro "Alca- traz. Un Dj nel bracciodella morte" e un Cd "compilation" con la "colonna sonora" che
accompagna le trasmissioni di Jack Folla.
di Roberto Davide Papini

Pochi giorni ancora per
uscire per sempre dalla pri-
gione di questa vita, oltre-
assare gli spessi muri della
mediocrità e dell'ipocrisia.
Per il condannato a morte
3957 di Alcatraz, il 15 maggio
sarà il giorno dell'esecuzione.
All'alba, I'italoamericano
Jack Folla, un Dj nel braccio
della morte smetterà di inonda-
re l'etere con i suoi messaggi
da Radiodue (dalle 14.15 alle
IS, in replica dopo la mezza-
notte) contro tutto e contro tut-
ti contro la tv che si parla ad-
dosso, il sistema «che tiene in
vita la gente solo perché deve
comprare», contro la mediocri-
tà soprattutto. Maledetta me-
diocrltà. «Abbiamo lasciato il
mondo ai mediocri», urla Jack
Folla al pubblico di primo po-
meriggio della Rai, che lo ama
in maniera incredibile, quasi
assurda visto che questo perso-
naggio nato dalla fantasia di
Diego Cugia riceve centinaia
di messaggi di fan adoranti, di-
sperati al pensiero della sua
condanna a morte, estasiati dal-
le parole crude e taglienti che
Jack dedica a loro, chiamando-
li "fratelli". Non tutti però,
piangeranno per questa morte
"virtuale" in diretta radiofoni-
ca del personaggio. «Ehi Jack,
mi fa piacere che muori alla fi-
dal consumismo e dalla televi-
sione, educata all'indifferenza
e al cinismo, abbrutita dal de-
naro e ammaestrata dai D.J.
delle radio libere. Alcatraz è la
loro condanna a morte».
Per svegliare le coscienze, pe-rò, lei usa un linguaggio mol-
to crudo, insolito per la Rai,
e non lesina critiche al modo
di fare radio e televisione in
Italia. Critiche pesanti. Nes-
suno si è lamentato?

«Nessuno? All'inizio sono sta-
to sommerso di lettere di prote-
sta, interne alla Rai e da parte
del pubblico. Giletti ha minac-
ciato una querela. Questa è
una trasmissione che dà fasti-
dio»
Eppure, continua ad andare
avanti, anche perché ha rad-
doppiato gli ascolti di Radio-
due in una fascia non pro-
priamente brillante
.
«Sì, non mi salveranno dalla
condanna a morte, ma gli
ascoltatori hanno salvato il
programma, perché i messaggi
di entusiasmo e gradimento so-
no stati superiori alle proteste.
E con loro, anche il direttore
Santalmassi. Devo dire che ha
difeso il programma a spada
tratta».
Ma cosa rimprovera alla tv?
«I presentatori si parlano ad-
dosso, con discorsi cifrati Se
ne fregano del pubblico e la
gente se ne accorge, lo sente.
Ecco perché Jack Folla è pia-
ciuto perché si è denudato in
pubblico, ha aperto un dialogo
vero e soprattutto ha ascoltato.
Una persona mi ha detto:
"Questa è la prima radio che
ascolta prima di parlare". Un
bel complimento, no?»
Ma cosa accomuna Jack Fol-
la al suo pubblico, numeroso
e appartenente a varie fasce
d'età?
«La gioia di non essere omolo-
gati, ma anche, per gli oltre
quarantenni come me la fru-
strazione per i sogni non realiz-
zati, per quegli ideali che ave-
vamo da ragazzi».
Adesso, però, questa identifi-
cazione tra Jack Folla e i
suoi fan (colpi di scena a par-
te) sta per fnire. Come pas-
serà le ultime ore il condan-
nato 3957?
«Leggendo Proust e ascoltan-
do la musica di Leonard
Cohen».
E dedicando la sua ultima ora
d'aria radiofonica al suo pub-
blico.
ne. Ti ascolto sempre, ma dici
troppe parolacce e anche se
non morissi condannato andre-
sti comunque all'inferno», gli
scrive un ascoltatore che si fir-
ma "Aspirina". E forse, non
piangerà proprio nessuno, per-
ché l'autore annuncia un col-
po di scena che renderà noto
solo alla vigilia dell'esecuzio-
ne: un rinvio? Un'evasione o
chissà cos'altro?
Jack, comunque continua a lan-
ciare i suoi messaggi alternan-
doli a brani di quella «grande
musica che è scomparsa dalla
radio»: da Leonard Cohen a
Edith Piaf, da Francesco Guc-
cini ai Rolling Stones.
«Forte questo, ma chi è?», gli
chiede un giovanissimo ascol-
tatore dopo aver sentito "Ima-
gine" di John Lennon. Virtua-
le, eppure vissuto come tre-
mendamente reale, tanto che
al telefono c'è chi piange con
il condannato, chi racconta il
suo cammino di uscita dalla
droga ("Grazie a te, ce la sto
facendo, Jack, lo faccio per te
e per mia figlia"), e chi confes-
sa di aver visto "la luce" grazie
ai messaggi di Jack. Una bella
responsabilità per FollalCu-
gia, travolto dai messaggi su
Internet (40mila contatti in set-
te mesi e mezzo), anche per-
ché all'inizio del prograrnma
(in settembre) il 70% degli
ascoltatori era convinto che
esistesse davvero un italoame-
ricano di nome Jack Folla nel
braccio della morte di Alca-
traz.
«Jack le sue responsabilità se
le prende tutte, non sfugge a
niente. Questo non è un gio-
co», risponde Folla/Cugia.
Ma cosa vuole dire al suo
pubblico con questi messag-
gi?
«Voglio svegliare la mia gene-
razione e quella dei più giova-
ni generazioni addomesticate
«Jack, aiutaci a sconfiggere la guerra»
Poesie struggenti, frasi
d'amore, di rabbia, di odio,
di disp~erazione, messaggi con-
tro la pená di morte, contro la
guerra.
Il popolo di "Alcatraz" accom-
pagna il cammino del perso-
naggio Jack Folla verso il pati-
bolo radiofonico sommergen-
dolo di parole: al telefono, per
lettera, su Intemet.
«Non smettere di essere spie-
tato» li scrive Paolo F. e così
Marco che invita Jack ad an-
dare «avanti come un tratto-
re». .
«Mi hai fatto sentire come
quando da piccolo ho scoper-
to che Babbo Natale non esi-
steva. Ho smesso di sognare e
di credere negli adulti. Forse
sei come Babbo Natale, forse
fai sognare. Vai avanti» è il
messaggio di Stefano.
«Folgorata dalla tua voce...ho
perso la mia. Vorrei non esse-
re banale, ma sei talmente uni-
co che mi riesce quasi impos-
sibile», dice Serena.
Deborah, invece, sibila tutta
la sua rabbia: «Ti odio con tut-
ta me stessa per avermi risve-
gliata dal torpore nel quale ve-
geto da 28 anni. L'odio è un
sentimento assai eccitante e
vero. Io nei mio limbo ci sta-
vo bene, non dovevo preoccu-
parmi di pensare...e ora tu mi-
vieni a urlare nelle orecchie
che esiste un mondo per il qua-
le lottare. Beh, Jack... l'infer-
no è caldo... ci incontreremo
là. Continua...».
E Massimiliano, pensando
all'ultimo giorno del perso-
naggio promette: «Alla fine
saremo tutti lì, nella tua cella
a cantare la canzone che ci hai
insegnato... vola più alto, alba-
tro».
Nelle foto: L'isola di Alca-
traz e, qui accanto, Diego
Cugia