La reazione del potere politico e giornalistico italiano alle considerazioni di Travaglio sulle passate frequentazioni “mafiose” del nuovo presidente del Senato, Schifani, credo sia stata obiettivamente impressionante. Un potere furibondo, pressoché unanime, che si rivolta all’unisono contro un singolo individuo, quasi fosse un mostro, uno stragista, un piromane, un pedofilo seriale, per il solo fatto che egli ha espresso un’opinione in televisione, qualunque essa sia, la più abnorme o disgustosa, dovrebbe destare allarme, perché è un sintomo grave di qualcosa che non va. Una campanella d’allarme che suona ancora più squillante, per una democrazia, quando il dissenso furente del potere contro il singolo “reo”, prescinde da quanto di vero o di falso egli abbia dichiarato, vuoi perché si tratterebbe di “fatti inconsistenti o manipolati che non hanno nemmeno la dignità per generare sospetti” (dichiarazione dello stesso Schifani) vuoi perché il comportamento del giornalista Travaglio sarebbe stato “deprecabile” e “inescusabile” (dichiarazione del direttore generale della Rai). In sostanza colpiscono tre fenomeni: la fulmineità e l’unanimità della reazione (il cittadino denunziante viene a sua volta denunziato e, di fatto, reietto dalla comunità “democratica”). Secondo: i fatti oggetto della denunzia originaria vengono rimossi, ossia parlarne è un tabù. Terzo: il massiccio ricorso all’enfasi che, come inchiostro di piovra, viene gettata contro l’aggressore e gli eventuali “simpatizzanti” per dissuaderli, un’ondata nera di enfasi controscandalistica repressiva, in luogo di una secca smentita, una precisazione, una semplice querela, scevra da tutto questo conturbante chiasso mediatico.
Per caso, ieri sera una rete satellitare trasmetteva “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, il film di Elio Petri che nel 1970 vinse l’Oscar come migliore film straniero. Nonostante l’avessi visto una mezza dozzina di volte, la faccia di Gian Maria Volonté mi ha impedito di cambiare canale. Quanto ci mancano le facce intelligenti. Eppure non esistono film più datati di quelli girati negli Anni Settanta, in confronto ai quali i documentari sul Ventennio dell’Istituto Luce sembrano contemporanei di Guerre Stellari. Polverosi gli atteggiamenti, per l’epoca “spregiudicati”, di Florinda Bolkan, come il suo trucco “pop”, polverosi i contestatori capelloni, polverosi i libricini rossi maoisti, come tutti gli interni del Commissariato e le pantere della polizia scattanti quanto nonnette sprint. Ma nel capo della squadra omicidi che assassina Augusta Terzi, la propria amante, la quale si prendeva gioco del suo potere statalista e gli dava del “bambino incompetente” a letto, si annidava un’attualità dirompente che andava oltre la strepitosa interpretazione di Gian Maria Volonté. C’era la rappresentazione, direi liturgica, del “potere all’italiana”, quello di quasi quarant’anni fa, sopravvissuto a se stesso. La maschera di Volonté, il suo commissario che nonostante sia reo confesso nessuno può accusare, nemmeno lui, l’assassino, era la più diabolicamente italiana di tutte quelle di un Alberto Sordi, non più maschera democristiana era però immutabile nella sostanza, in quei ghigni intercalati a inchini, in quella sua autorevole untuosità, mentre i contestatori del ’68 si erano dimostrate comparse della Storia lei era rimasta indenne, la maschera principe del carnevale del potere all’italiana. Quanto ha a che fare il caso Schifani-Travaglio con “Un indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”? Niente altro che la verità. La bestia nera della nostra democrazia di provincia. La verità, pura e semplice, che da noi fa infinitamente più scandalo della menzogna. A meno che non sia quella del Capo, una verità che diventa addirittura indiscutibile quando è sposata anche dall’opposizione. In tutti gli altri casi non è che una verità senza consenso, senza “audience”, verità impotente, irrisa, e il suo portatore una specie di untore della peste.
Nel film di Petri, l’ispettore assassino pronunzia una sentenza che sembra di un’altra epoca, una battuta che nel duemilaotto dovrebbe farci sorridere, un po’ è così, si capisce, ma poi ti guardi allo specchio e ti accorgi di aver indosso una smorfia amara:
“Il popolo è minorenne, la città è malata, ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!”
Come hai ragione e come sono rattristato nel constatare che siamo piu’ piccoli del piu’ piccolo gnomo che vive nei boschi.
Travaglio ha, per l’ennesima volta riportato affermazioni fatte da altri.
Peccato che dietro la scusa della mancanza di contenzioso si voglia censurare una persona che ha il coraggio di parlare e dire quello che sa.
Un vero giornalista.
Hai ragione sugli atti censori di destra e sinistra (e qui si dimostra quanto si somiglino) a difesa di una persona che e’ diventata la terza carica dello stato.
Che nausea.
Tutto ciò che Travaglio ha affermato su Schifani è ampiamente documentato, ed era già stato pubblicato nel libro “Se li conosci li eviti” e su quello di Lirio Abbate “I complici”, entrambi scritti a quattro mani con Peter Gomez.
Ancora una volta, anche oggi mi pervade questo senso di impotenza, di delusione. Delusa e amareggiata da questo “farsi quadrato” della politica tutta, di chi detiene il potere perchè legittimato dal risultato delle urne e di chi sta all’opposizione.
Tutti allineati e coperti.
Non capisco il perchè di tanto scandalo. Ci si scandalizza non perchè una delle principali figure istituzionali di questo nostro Stato avrebbe un passato di frequentazioni mafiose … non di questo ci si scandalizza, NON si negano i fatti che stati denunciati, NON si portano le prove che sono tutte bugie, invenzioni, falsità … no, non si fa questo, ci si scaglia invece contro chi si è permesso di dare questa notizia, di far conoscere chi è davvero questa persona (notizia, tra l’altro, neppure di prima mano, già si trovava da tempo sia su diversi libri che su internet).
Lo scandalo perciò non è il fatto di avere un Presidente della Camera che, anni fa, avrebbe intrallazzato con la mafia, NO, lo scandalo è che un giornalista si permetta di dirlo in un canale pubblico in orario di cena.
E la cosa più deprimente è la levata di scudi da parte soprattutto di questo pseudo centrosinistra, il quale dovrebbe stare all’opposizione e rappresentare quel 30% di italiani che l’ha votato, e dovrebbe essere garanzia di correttezza, onestà e dignità e non solo politica!
Se questa è la strada che intendono percorrere per cercare di vincere alle prossime elezioni, allora siamo proprio messi bene! Chissa che perdano un altro 15-20%, e allora magari forse …
Ho cercato l’intervista di Travaglio in rete,mi è sembrata di una semplicità disarmante e temo che sia proprio questo che abbia suscitato tanto putiferio.Se fossi stato Schifani avrei replicato, magari chiarito punto per punto le affermazioni fatte e credo che avrei fatto un gran figurone! Invece no, continua lo spettacolo penoso, neanche un passettino verso la civiltà. Tutto già visto milioni di volte.
Io non so più se indignarmi perchè alte cariche dello Stato hanno avuto legami con la mafia o se semplicemente hanno deciso di farci morire di noia. Chiuderanno la bocca di Travaglio? di Santoro? Ma và!
Mi piace leggere questo blog,mi da la misura di quanto si possa dire di sensato, di intelligente sulla politica. mi piace conoscere le opinioni, rese in modo pacato e aperto, qui si respira un sentimento di democrazia che fonda la propria identità ,sul riconoscimento di ognuno della libertà di espressione; mi sembra ancora una volta che la saggezza sia nelle voci sussurrate, nelle piccole cose della vita, nell’umiltà di voler capire e in quella di ascoltare.Ciao.
……..gli anni Sessanta e Settanta erano PREGNI di IdeALI talmente SANI che il PILASTRO di questi IdeALI poteva essere “sentito” da un LAICO quanto da un RELIGIOSO: “ama il prossimo tuo come te stesso”. Anche in tutte le altre forme d’arte l’impatto e l’aspetto estetico era talmente PARTICOLARE, INTENSO e PacificaMENTE PROVOCATORIO che oggi appare datato anzi databile, che mi piace di più; nel mondo musicale i vestiti, i capelli, i colori, la psichedelia, i look teatrali e forse un po’ allucinati (mi ricordo Peter Gabriel vestito da fiore e con la faccia dorata al Palasport, o i vari “look” degli artisti nel film “Woodstock”: tutto questo emanava una luce perché “dietro” anzi DENTRO c’erano VALORI SANI e ONDE di FRATELLANZA UNIVERSALE oltre un TALENTO e una PREPARAZIONE musicale che hanno generato ARTE di tale livello che ha fatto e farà Storia.
mi torna in mente che non a caso era d’obbligo morale, ma persino “di moda” spendere il meno possibile per vestirsi e salvo nell’intimo o nelle scarpe che sempre Intime sono, si comprava tutto rigorosaMENTE usato…una volta in un negozio(che non c’è più) a via del Grifone che si chiamava “la botola”(e ti dovevi calare sul serio attraverso una scala poco rassicurante! Argh…ora NON potrei) ho ricevuto in regalo uno degli incontri più magici e belli della mia vita:avevo solo 14 anni ed ero entrata cantando una canzone del Mitico “Banco” e ho continuato mentre ad occhi bassi ero Intenta a cercare un maxi maglione: arrivata al punto “e oraaa..si è fermaato il tempo, il tuo sguardo su me è ricaduto…”- e alle mie spalle “a tempo” con me si aggiunge “PER SPINGERSI AL DI Làà, PER SCOPRIREEE CIò CHE SOLO IDDIO SAAA…” : era Francesco di Giacomo, la VOCE del Banco in persona, che vedendomi FELICEMENTE AMMUTOLITA mi ha abbracciata quel poco che basta per scuotermi la spalla e ha insistito per finire di cantare la sua canzone insieme.
e ora che Vuoto, che Buio: un altro medioevo. L’altra sera stavo guardando (Stranamente)”l’infedele”, vuoi perché c’era Cacciari ma soprattutto perché si è parlato delle radici LONTANISSIME (basti pensare alle crociate, agli antiilluministi a hitler , a stalin ecc.ecc.) di questi periodi storici che privilegiano “patria, appartenenza ad una terra (intesa come luogo circoscritto ) e sangue (violenza e VIOLENZA, non “solo” INTOLLERANZA”) periodi che come ORRENDI cicli si ripropongono Segregando l’ARTE VERA laddove pochi o addirittura nessuno può usufruirne (perché quel GRANDE ARTISTA forse è costretto a fare il magazziniere o chissà cosa) e PRIVILEGIANDO la PSEUDOarte anzi tutto ciò che è la NEGAZIONE stessa dell’arte e OFFENDE oltre l’ARTE anche il cuore e l’intelletto……..considerando arte quel che farà Vomitare i posteri.
BUONTUTTO HERMANO d’anima.
Tiziana, hai scritto un post da applausi!
Io sono già intervenuto ampiamente sul tema postando nel diario del 9 Maggio, ma voglio ribadire ancora una volta (visto che il mio ultimo post è stato, inspiegabilmente, cassato in parte) il concetto che Travaglio non esprime opinioni, ma espone fatti…
Niente di nuovo sotto il sole:
Da “Psicologia delle folle” edito nel 1895.
di Gustav Le Bon, etnologo e psicologo.Uno dei padri della psicologia sociale. La sua opera fu considerata il miglior “manuale d’uso” da Lenin, Stalin, Hitler e Mussolini.
“Il moderno dittatore, sostiene Le Bon, deve saper cogliere i desideri e le aspirazioni segrete della folla e proporsi come l’incarnazione di tali desideri e come colui che è capace di realizzare tali aspirazioni. Anche in questo caso l’illusione risulta essere più importante della realtà, perché ciò che conta non è portare a compimento tali improbabili sogni quanto far credere alla folla di essere capace: “nella storia – aggiunge Le Bon – l’apparenza ha sempre avuto un ruolo più importante della realtà”. Le folle non si lasciano influenzare dai ragionamenti. Le folle sono colpite soprattutto da ciò che vi é di meraviglioso nelle cose. Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. L ‘immaginazione popolare é sempre stata la base della potenza degli uomini di Stato, dei trascinatori di folle, che il più delle volte, non sono intellettuali, ma uomini d’azione.
Parte III- Le folle elettorali-
Il programma scritto dal candidato non deve essere troppo categorico, perché i suoi avversari potrebbero più tardi opporglielo; ma il suo programma orale non sarà mai eccessivo. Le più notevoli riforme possono essere promesse senza timore. Sul momento, queste esagerazioni producono molto effetto, e non impegnano affatto per l’avvenire. L’elettore non si preoccupa infatti di saper poi se l’eletto ha seguito la professione di fede acclamata, in base alla quale l’elezione ha avuto luogo.”
Per chi volesse approfondire l’argomento: http://cronologia.leonardo.it/lebon/indice.htm
Rulando ritiene di essere stato censurato. E’ vero. Gli ho tolto un romanesco “Aridaje”, che mi indirizzava perché, a suo parere, io non ritengo un “fatto” le “frequentazioni mafiose” di Schifani, ma “un’opinione”. In realtà nel mio testo si parla di “considerazione”, ma tant’è. Rulando ha ribadito già tre o quattro volte, compresa questa, che il fatto che Schifani sia “mafioso” è CERTO. Come prova schiacciante, l’ha letto in due libri. Per Rulando si tratta di un dato di fatto acquisito,storico, non c’è neanche bisogno di processo, nulla, tranne quello penale che ovviamente il presidente del Senato potrebbe intentare al sottoscritto responsabile di questo sito per averlo diffamato. Prima di gridare alla censura con me, Rulando, che tolto quell’ “aridaje”, ti ho pubblicato per la terza volta lo stesso concetto, che francamente avevo capito già dalla prima, prova a contare fino a dieci. Va bene? E aridaje. Diego Cugia
Io mi chiedo cosa dobbiamo fare per reagire alla meschinità delle bugie e dei progetti reali solo nell’apparenza. Qualcuno lo sa? Continuo a faticare nell’informarmi sulla situazione politica attuale, è segno che stanno trionfando le turpi intenzioni anestetizzanti di alcuni “nostri” politici? Cosa vogliono fare? A cosa puntano? Bisogna identificare il pericolo e trovare un rimedio.
Destra o sinistra.
Rosso o nero.
Vero o falso.
Travaglio o Belpietro.
Baionetta o bomba.
Mamma mia o papà mio.
Dolce o amaro-
Che paese di schierati!!
Fatto o non fatto.
Gatto mangia topo.
Siamo spaccati
Ormai.
Il mondo non vuole
la civiltà.
Mi sembra che tutto abbia
un gusto di Platinette!
meglio il Cinema.
muto però.
—————-:-)
Poesia della sera.
non è dedicata a nessuno.
Se non ti piace cancella
pure.
Sono d’accordo con Tiziana.
Non mi colpiscono nè le parole dell’On.Schifani ne di una certa parte politica.
E’ la solidarietà di tutti gli schieramenti e di tutti gli apparati dove la politica
di fatto è ammanicata che mi lascia pensare male.
In un paese normale si sarebbe richiesto di spendere qualche parola in più all’interessato
sull’accaduto piuttosto che sbranare chi aveva sollevato la questione ma siamo
in Italia ,pazienza!
E’ questo atteggiamento bipartisan che mi fa pensare
che il potere non ha colore o bandiera , che lo scontro politico sia
solo fittizio e che di fatto quel manipolo di italiani che hanno intercettato
i voti della collettività sono lì esclusivamente per curare interessi paricolari…dei fortunati
che hanno fatto 13 . Una casta !
Siamo davvero un paese strano .
Negli altri paesi le persone che delinquono finiscono in carcere , in Italia le eleggiamo
come nostri rappresentanti.
Ps. Governo ombra? Ottima definizione per l’opposizione…
Ho anch’io molti dubbi sulla capacità che la politica sana possa curare questo Paese, mi dico a volte che perdo solo il mio tempo che potrei utilizzare per mille altre attività più divertenti.
Ma credetemi, a fare politica ci sono molte persone appassionate, molti che pensano sinceramente che la loro idea cambierà in meglio la vita della collettività. Certo in ognuno c’è la segreta speranza di trovare l’occupazione più redditizia, ma vorrei pregarvi di non fare un fascio indistinto di un gruppo da buttare via.
La partecipazione attiva è l’antidoto al veleno del ragionamento malpensante, “libertà è partecipazione”.
Molti dei commenti che leggo in questo sito sono di sconforto o peggio di senso di sconfitta. Possibile che la propria integrità non sia sufficiente? Possibile non riuscire a vedere che una minoranza ha idee, sentimenti e onestà?
Non accontentiamoci solo di leggere le parole di Jack-Diego per trarne tristezza. Trasformiamo questi semi in piante rigogliose.
Questa polemica sulle parole di Travaglio è cosa già vista. Marco ha fatto affermazioni che nessuno ha smentito: chi in Italia ha voluto capire ne ha avuto ancora una volta la possibilità.
Correttamente Zee ci riporta analisi scritte nei secoli scorsi che sembrano perfette per il momento attuale, perchè… perchè gli uomini, bene o male, sono sempre gli stessi.
E la storia si ripete. Diamo il nostro piccolo contributo senza lasciarci abbattere.
Coraggio.
Diego, io ho solo riportato ciò che ha detto Travaglio: […]…è chiaro che se il clima politico induce a un rapporto di distensione tra l’opposizione e la maggioranza, e Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi, non si scrive che Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi, perché non lo vuole né la destra né la sinistra… e io cosa c’entro con la destra e la sinistra? Loro prendano le posizioni politiche che vogliono, ma io devo fare il giornalista, devo raccontarlo…l’ha raccontato Lirio Abbate nel libro che ha scritto con Gomez… e viene celebrato giustamente come un giornalista eroico minacciato dalla Mafia. Allora: o hanno il coraggio di dire che Lirio Abbate è un mascalzone e un mentitore, oppure si deve avere il coraggio di prendere nota di ciò che scrive sulla seconda carica dello Stato, e di chiedere alla seconda carica dello Stato di spiegare i rapporti con quei “signori” che sono stati poi condannati per mafia… Ma oggi nemmeno alla sinistra interessa prendere atto di queste cose… è un dramma.
http://ale1980italy.wordpress.com/2008/05/11/prove-di-regime-censurare-il-giornalista-libero-marco-travaglio/
Non mi sembra affatto che abbia detto che Schifani è un mafioso o che è stato condannato per mafia…
Invece mi sembra PALESE che i rapporti coi mafiosi non siano una sua opinione, ma un fatto PROVATO. Ci sono stati, come provano le registrazioni effettuate tramite microspie dai carabinieri nell’auto di Simone Castello “corriere” di Provenzano o come dimostrano le dichiarazioni di Francesco Campanella (braccio destro di Mandalà e di Provenzano) davanti al PM…
P.S.
Dubito che Schifani, come chiunque altro, possa denunciare per diffamazione una persona solo perchè ospita all’interno del suo blog persone che riportano fatti presenti sia su libri che su Internet stesso…
Oltre a non avere il diritto di scegliere chi votare
non abbiamo nemmeno quello di sapere chi realmente sono le persone che hanno in mano le nostre vite?
Se Schifani e chi come lui si sentono offesi dalle parole di Travaglio e dei pochi giornalisti che hanno il coraggio di raccontarci qualcosa di più, possono difendersi con i mezzi che loro fornisce la legge italiana.
Ma chi difende noi cittadini da questo insano modo di fare politica e da un’informazione così carente e spesso manipolata?
Ha fatto gridare allo scandalo la definizione con cui Grillo ha definito Giorgio Napolitano, “Morfeo”.
Una reazione altrettanto indignata mi aspettavo quando, negli ultimi anni fino all’ultima campagna elettorale, insulti ben peggiori ho sentito rivolgere allo stesso Presidente e ai suoi predecessori da esponenti dell’attuale governo.
Queste esternazioni sono molto più riprovevoli (al limite del penale) in quanto espresse da “Onorevoli” del parlamento che in una democrazia degna di questo nome hanno il dovere di rispettare le Istituzioni.
Altro che rispetto. Si è oltraggiato il tricolore, si sono minacciati scioperi fiscali e insurrezioni armate in caso di perdita delle elezioni.
Abbiamo visto candidare ed eleggere in Parlamento personaggi dalla fedina penale non proprio immacolata, fino a sentir definire eroe un certo Mangano, condannato per collusione mafiosa ed omicidio.
Non ci deve interessare di sapere chi sono veramente i nostri politici!?
Per il quieto vivere dovremmo fingere di non vedere le stupidaggini che fanno e che dicono!?
Da buona donna di casa quale sono so che nascondere la spazzatura sotto il tappeto non equivale a rendere pulito l’ambiente.
Abbiamo un sacco di misteri irrisolti in Italia, misteri che riguardano vite e famiglie spezzate.
E proprio il metodo di non voler andare in fondo alle cose ci ha portato a quello che siamo oggi.
Credo che sia ora di rimetterlo in discussione.
Salve a tutti,
finalmente un post propositivo, mi riferisco a quello di Mariella.
Di lamentele e “ricalcature” ne è pieno internet…e anche “altro”…
Non credo sia questo il modo di far sentire la voce di chi la pensa diversamente ed ha “perso”… la mia opinione è che abbiamo avuto ciò che meritavamo, ma questo non vuol dire smettere di lottare o di credere, anzi, che questo ci serva da sprono per migliorare e migliorarci.
Sarà perchè la sinistra qui ha vinto, e quindi sono coinvolta nel lavoro di cambiamento, ma vi prego, non solo abbiate coraggio, ma ritrovate anche un pò di ottimismo!
La vita è tanto e tanto altro….
Pensiamo a cosa è accaduto in Cina ieri….
Il mio augurio è sempre quello, per un mondo migliore, banale certo, ma il mondo siamo noi, NOI, diamoci da fare….
Scusate l’interruzione…
Ciao Diego
emi
Buongiorno a tutti,
leggo che si infiamma la discussione; ma Rulando, per esempio, ti infervori su Schifani mentre per la Forleo rimossa dal suo posto di lavoro neanche una parola..
E’ strana l’Italia miei cari fratelli, si infiamma per un cerino acceso e si raffredda di fronte all’incendio..uno strano popolo il nostro, fatto di grandi voli pindalici nella difesa della giustizia, ma che non ha credo idea vera del concetto di giustizia.
Fa ridere che un’intera classe dirigente esterni quotidianamente il suo pensiero per frasi e situazioni avvenute nel tubo catodico la sera precedente e non esterni indignazione o concetti seri su situazioni ben più gravi.Sul tavolo della commissione di vigilanza è finito Annozero…perchè ha fatto vedere un comico in PIazza a Torino? perchè ha tastato il polso di milioni di persone?Se allora non va bene questo, ci dicano che non va bene, che abbiano il coraggio di dire cosa la gente non deve vedere.Sento e leggo ogni giorno interventi politici da far rabbrividire, a volte cazzate così mostruose che un bambino potrebbe smontare.Ma nulla, niente.Mi parlano di contraddittorio, ma quando Berlusconi ha definito Di Pietro una persona orribile, laureata con i servizi segreti…li Di pietro non c’era.E tanti, troppi esempi da riportare.Schifani potrà avere colusioni mafiose, Cuffaro pure, Dell’Utri pure…e tutti questi signori son cariche dello Stato.L’indignazione parte da li, il vero schifo stà li…nel vedere uomini poco trasparenti sedere su scranni prestigiosi e importanti.Non so come fare, ne da dove cominciare, quando sento la parola dobbiamo muoverci, lavorare per rimuovere tutto questo.Io vedo solo un Paese ormai stanco, che ha solo voglia di fare il suo lavoro e tornare a casa la sera e avere poche rotture di palle…quindi credo che la nostra indignazione e sofferenza per questa censura a scena aperta rimarrà qui e nei nostri cuori, ma nessuno si sporcherà le mani per salvare gli epurati che arriveranno a breve.Un abbraccio, oggi amaro amici miei.
Luchello, si vede proprio che non mi conosci!
Solo perchè non ho scritto contemporaneamente qualcosa anche sulla Forleo non significa affatto che non sia indignato ed incazzato per il suo trasferimento…
-Scuola interna al Reparto di oncologia pediatrica-
Uno dei mie piccoli pazienti di 7 anni mi ha chiesto:
Perché hanno eletto Luca come capo classe ?
Lo sanno tutti che ruba le caramelle !
Ma… non è che per caso, anche chi lo ha eletto le ruba?
Ho dato risposte a domande molto più problematiche ma credetemi, a questa non riesco a rispondere.
Perché ai bambini non si può mentire.
E a questi bambini meno che mai.
Nella purezza ci sono tutte le risposte.
Ma lo abbiamo completamente dimenticato.
Infatti Rulando non ho il piacere di conoscerti, ne potrei comunque permettermi.La mia digressione era semplicemente sulla contemporaneità degli eventi, e credo che le cazzate di schifani sian gravi quanto l’allontanamento del magistrato, tutto qui.Comunque complimenti a tutti, è bello anche discutere con serenità e obbiettività.Un abbraccio.
rulando, se passi da Milano ti offro un caffè, così ci conosciamo.
Il suono della musica
la sua melodia-
mi trasporta -leggera-
sorvolo la voce
dell’anima-
forse era solo un respiro del tempo-
calmo-
o forse la voce di tutti i silenzi-
come un giorno
qualunque
semplicemente
stò-
———————
poesia della sera
questa è dedicata
a giorno qualunque
di pace-
Ehehe grazie Luchello, se capito lì ben volentieri, ma a causa delle mie scarse disponibilità economiche viaggio ben poco…
Penso che sia utile a tutti una serena riflessione su questo articolo di Repubblica, a proposito del caso Travaglio/Schifani. Grazie. dc
Giuseppe D’Avanzo per “la Repubblica”
E’ utile ragionare sul “caso Schifani”. E – ancora una volta – sul giornalismo d’informazione, sulle “agenzie del risentimento”, sull’antipolitica. Marco Travaglio sostiene, per dirne una, che fin “dagli anni Novanta, Renato Schifani ha intrattenuto rapporti con Nino Mandalà il futuro boss di Villabate” e protesta: “I fascistelli di destra, di sinistra e di centro che mi attaccano, ancora non hanno detto che cosa c’era di falso in quello che ho detto”. Gli appare sufficiente quel rapporto lontano nel tempo – non si sa quanto consapevole (il legame tra i due risale al 1979; soltanto nel 1998, più o meno venti anni dopo, quel Mandalà viene accusato di mafia) – per persuadere un ascoltatore innocente che il presidente del Senato sia in odore di mafia.
Che il nostro Paese, anche nelle sue istituzioni più prestigiose, sia destinato a essere governato (sia governato) da uomini collusi con Cosa Nostra. Se si ricordano queste circostanze (emergono da atti giudiziari) è per dimostrare quanto possono essere sfuggenti e sdrucciolevoli “i fatti” quando sono proposti a un lettore inconsapevole senza contesto, senza approfondimento e un autonomo lavoro di ricerca. E’ un metodo di lavoro che soltanto abusivamente si definisce “giornalismo d’informazione”.
Le lontane “amicizie pericolose” di Schifani furono raccontate per la prima volta, e ripetutamente, da Repubblica nel 2002 (da Enrico Bellavia). In quell’anno furono riprese dall’Espresso (da Franco Giustolisi e Marco Lillo). Nel 2004 le si potevano leggere in Voglia di mafia (di Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Carocci). Tre anni dopo in I complici (di Lirio Abbate e Peter Gomez, Fazi). Se dei legami dubbi di Schifani non si è più parlato non è per ottusità, opportunismo o codardia né, come dice spensieratamente Travaglio a un sempre sorridente Fabio Fazio, perché l’agenda delle notizie è dettata dalla politica ai giornali (a tutti i giornali?).
Non se n’è più parlato perché un lavoro di ricerca indipendente non ha offerto alcun – ulteriore e decisivo – elemento di verità. Siamo fermi al punto di partenza. Quasi trent’anni fa Schifani è stato in società con un tipo che, nel 1994, fonda un circolo di Forza Italia a Villabate e, quattro anni dopo, viene processato come mafioso.
I filosofi ( Bernard Williams, ad esempio) spiegano che la verità offre due differenti virtù: la sincerità e la precisione. La sincerità implica semplicemente che le persone dicano ciò che credono sia vero. Vale a dire, ciò che credono. La precisione implica cura, affidabilità, ricerca nello scovare la verità, nel credere a essa. Il “giornalismo dei fatti” ha un metodo condiviso per acquisire la verità possibile. Contesti, nessi rigorosi, fonti plurime e verificate e anche così, più che la verità, spesso, si riesce a capire soltanto dov’è la menzogna e, quando va bene, si può ripetere con Camus: “Non abbiamo mentito” (lo ha ricordato recentemente Claudio Magris).
Si può allora dire che Travaglio è sincero con quel dice e insincero con chi lo ascolta. Dice quel che crede e bluffa sulla completezza dei “fatti” che dovrebbero sostenere le sue convinzioni. Non è giornalismo d’informazione, come si autocertifica. E’, nella peggiore tradizione italiana, giornalismo d’opinione che mai si dichiara correttamente tale al lettore/ascoltatore. Nella radicalità dei conflitti politici, questo tipo di scaltra informazione veste i panni dell’asettico, neutrale watchdog – di “cane da guardia” dei poteri (“Io racconto solo fatti”) – per nascondere, senza mai svelarla al lettore, la sua partigianeria anche quando consapevolmente presenta come “fatti” ciò che “fatti”, nella loro ambiguità, non possono ragionevolmente essere considerati (a meno di non considerare “fatti” quel che potrebbero accusare più di d’un malcapitato).
L’operazione è ancora più insidiosa quando si eleva a routine. Diventata abitudine e criterio, avvelena costantemente il metabolismo sociale nutrendolo con un risentimento che frantuma ogni legame pubblico e civismo come se non ci fosse più alcuna possibilità di tenere insieme interessi, destini, futuro (“Se anche la seconda carica dello Stato è oggi un mafioso…”). E’ un metodo di lavoro che non informa il lettore, lo manipola, lo confonde.
E’ un sistema che indebolisce le istituzioni. Che attribuisce abitualmente all’avversario di turno (sono a destra come a sinistra, li si sceglie a mano libera) un’abusiva occupazione del potere e un’opacità morale. Che propone ai suoi innocenti ascoltatori di condividere impotenza, frustrazione, rancore. Lascia le cose come stanno perché non rimuove alcun problema e pregiudica ogni soluzione. Queste “agenzie del risentimento” lavorano a un cattivo giornalismo. Ne fanno una malattia della democrazia e non una risorsa. Si fanno pratica scandalistica e proficuamente commerciale alle spalle di una energica aspettativa sociale che chiede ai poteri di recuperare in élite integrity, in competenza, in decisione. Trasformano in qualunquismo antipolitico una sana, urgente, necessaria critica alla classe politico-istituzionale.
Nel “caso Schifani” non si può stare dalla parte di nessuno degli antagonisti. Non con Travaglio che confonde le carte ed è insincero con i tanti che, in buona fede, gli concedono fiducia. Non con Schifani che, dalle inchieste del 2002, ha sempre preferito tacere sul quel suo passato sconsiderato. Non con chi – nell’opposizione – ha espresso al presidente del Senato solidarietà a scatola chiusa. Non con la Rai, incapace di definire e di far rispettare un metodo di lavoro che, nel rispetto dei doveri del servizio pubblico, incroci libertà e responsabilità. In questa storia, si può stare soltanto con i lettori/spettatori che meritano, a fronte delle miopie, opacità, errori, inadeguatezze della classe politica, un’informazione almeno esplicita nel metodo e trasparente nelle intenzioni.
Mi permetto di navigare in questo trasparente e melodioso scrosciare di acque che, rimaste chete nei confini di “repressione è civiltà” dopo essersi ingrossate ora scorrono oltre gli argini.
Sì, insomma, per dirla con parole terrestri: mi si conceda di andare fuori tema, anzi, visto che so già che ciò è concesso..:mi si conceda di essere apprezzata ugualmente. Ma forse chiedo troppo ; )
Io vivo in un paesino dove davvero la mamma mi manda a prendere il latte. Ma arrivando alla stalla (eh sì, è lì che c’è il latte appena munto) non trovo il moroso geloso di “fatti mandare dalla mamma” che ha bisogno di me, bensì una vecchina sull’ottantina che, avvolta dal fumo fedido di un caminetto, sorridente pur mancandole i denti, con un ben intenzionato sfogo mi consiglia di non sposarmi.
Mi fa sorridere e al contempo riflettere.
Poi parlando dei cani e dei gatti che al mattino le vanno in contro per avere un pò di cibo e che quasi rischiano di farla cadere, per attenuare una frase intollerante nei loro confronti mi cita un proverbio: “l’amore fa saltare ma la fame ancor di più” poi aggiunge: “povere bestie anche loro, se hanno fame hanno fame”.
Mi fa sorridere e al contempo riflettere.
La maggior parte di noi, sebbene non navighi nell’oro non fa la fame, la fame che hanno fatto i nostri nonni, la fame di pane. Ma c’è tanta fame d’amore perchè la nostra fame oggi si chiama “egoismo”.
Questo racconto di vita con la morale delle favole vuole essere un seme per tutti, non un bastone.
Baci. Ciao a tutti, ciao Diego
caro Diego, megliovse scrivo jak
ho letto e riletto, in questi ultimi giorni.i tuoi scrittie commenti e..
devo scrivere che il potere panottico èoggipiù che mai protervo.
Noi viviamo in un momento in cui gradatamente all’ottimismo militaresco sul come portare la democrazia nella nostra bellaItalia, si sta sostituendo la disperazione di vivere in uno stato moralmente, prima che fisicamente, inabitabile. Continuamente nascono i tecnici della parola, chi auspica che si vada a fondo per puro tornaconto, ma il futuro nero o il presente affamato di catastrofi, sono soprattutto uno stato d’animo, una condizione della coscienza di chi contraddittoriamente ne è privo. Questa nostra Italia,perchè finoa provacontraria è e rimmarrà delpopolo, è come la letteratura profetica: ci parla di una apocalisse da cui sono assenti tutti gli dèi consolatori e nella quale risuonano le disperate voci delle Cassandre di turno e le trombe degli angeli della distruzione. Io sono per la vita, sono e mi ritengo una persona intelligente. Io scelgo di andare avanti combattere per la Democrazia quellache fece lo stato sociale e nulla più.
Come i vecchi vampiri, codesti intendo quelli esposti daltravagliodi turno, sono insensibili all’aglio e all’assafetida, ma sono strutturalmente invisibili: non credi?
Il 2008 di cui abbiamo in passato parlato tanto è uno strano anno, manco a dirlo, giacché a questo punto parrebbe privo di futuro. A mio avviso l’impossibilità mia nel parlare è il futuro dal punto di vista del 2006, quando una popolazione delusa e arrabiata diede fiducia a una sinistra che non ha fatto niete per i poveri quale uno di questi sono. il2006 restituisce a quest’anno la sua mirabile dimensione impossibile, di luogo onirico, dei dadi lanciati nell’aria, dei segni viscerali e delle forme del fumo.
Ma da qui appunto viene lo strano, inquietante interesse per il trattato di travaglio: ma potevamo scandalizzarci? continuiamo con codesti giochi puerili? passiamo ai fatti! la legge costituzionale esiste, proprio come esistondo dasempre,ha detto bene Brunetta, le leggi per i cosidetti fannulloni.
Non posso negare che il pensiero di quello che schifani avrebbe fatto, un poco mi disturba, , ma come si impara a vivere con la propria morte, così si impara a morire della propria vita.
Morte e vita, per me, sono ugualmente fatali.
Potrebbe essere che il tema non sia mai apparso nella nostra miserevole vita, potrebbe essere che a questo punto non c’è ne importa più niente …forse nemmeno tu ti sia mai posto il problema o la ipotesi che forse possiamo anche accetare questo pur di vivere decentemente. D’altronde tu sei un lavoratore, un lavoratore del futuro, come lo siamo tutti noi…come tale dai la impressione di essere ottimista; come iolo sono.
concludoscrivendoche la “rivoluzione” è stata fatta, potrei dirti, e l’uomo Italiano dell’20000. è diventato per certi versi più estraneo dell’uomo antico che ignorava tutto del progresso e della ragione ragionevole.
ciao
cg
Finalmente Diego
ci ho capito qualcosa, ero e sono proprio stufa. Non si può più esprimere un concetto senza che questo ti dica:di che colore,razza,partito,credo sei=?
MI SONO PROPRIO fusa
mi fa piacere che hai portato un pò di chiarezza,a tuo modo, su questo argomento.Una volta leggevo molti più giornali,adesso non ho più voglia di questi battibecchi.
Posso dire la mia opinione su Travaglio e Grillo e tanticompany?
si?
Sembrano quelle fattucchiere che mescolano il privato con il pubblico,per fare delle misture tremende,velenosissime,che hanno anche controindicazioni;per le persone come me,
che credono nella libertà anche di potersi difendere,insomma non mi piace la ghigliottina!!Di massa.
mi dà noia,assai.
sempreAmelie
TU CHIAMALE SE VUOI…OPINIONI!
E’pazzesco! Di Travaglio si può dire tutto, ma non che faccia giornalismo d’opinione!
Forse D’Avanzo cita libri che non ha mai letto. Inoltre riesce a contraddirsi all’interno dello stesso articolo quando accusa Travaglio di partigianeria e poi poche righe dopo afferma che: […]”attribuisce abitualmente all’avversario di turno (sono a destra come a sinistra, li si sceglie a mano libera)”.
Detto questo vi invito a riflettere ulteriormente dopo aver letto questo:
“Schifani disse a La Loggia: ‘senti Enrico, dovresti telefonare a Nino Mandalà, perché ha detto che a Villabate Gaspare Giudice non ci deve mettere piede… e quindi c’è la possibilità di recuperare Nino Mandalà, telefonagli’. Il mafioso è quasi divertito. Tanta confusione intorno al suo nome in fondo lo fa sentire importante. Alzare la voce con i politici è sempre un sistema che funziona. E, secondo lui, anche Renato Schifani ne sa qualcosa. Dice Mandalà: ‘Simone, hai presente che Schifani, attraverso questo [il candidato di Misilmeri]… aveva chiesto di avere un incontro con me, se potevo riceverlo. E io gli ho detto no, gli ho detto che ho da fare e che non ho tempo da perdere con lui. Quindi, quando ha capito che lui con me non poteva fare niente, si è rivolto al suo capo Enrico La Loggia che, secondo lui, mi dovrebbe telefonare. Ma vedrai che lui non mi telefonerà. Mi può telefonare che io, una volta, l’ho fatto piangere?
Nell’auto di Simone Castello la domanda del boss di Villabate è seguita da qualche secondo di silenzio. Poi le microspie dei carabinieri registrano la storia di un’amicizia tradita. Una storia di mafia in cui i capibastone minacciano e i politici, terrorizzati, chiedono piangendo perdono.
Mandalà la narra con astio, tutta d’un fiato. Torna con la mente al 1995, l’anno in cui suo figlio Nicola era stato arrestato per la prima volta. Accusa La Loggia di averlo lasciato solo, di averlo ‘completamente abbandonatoì, forse nel timore che qualcuno scoprisse un segreto a quel punto divenuto inconfessabile: lui e Nino Mandalà non solo si conoscevano fin da bambini, ma per anni erano anche stati soci, avevano lavorato fianco a fianco in un’agenzia di brokeraggio assicurativo.
‘Non mi aspettavo che dovesse fare niente, che dovesse fare dichiarazioni alla stampa, ma almeno un messaggio, ‘ti do la mia solidarietà’, [mr lo poteva mandare]. Stiamo parlando di un rapporto che risale alla notte dei tempi, quando eravamo tutti e due piccoli – lui è più piccolo di me – [nemmeno] mi ricordo quando ci siamo conosciuti. [Ma] suo padre… era mio padre, lui era un cristiano con i cazzi, non [come] questo pezzo di merda… [Poi siamo stati] soci in affari perché abbiamo avuto assieme una società di brokeraggio assicurativo, lui presidente e io amministratore delegato. [Andavamo] in vacanza assieme…’
Il portaordini di Provenzano cerca d’interromperlo, sembra voler tentare di calmarlo: ‘Va bene, magari è il presidente [dei senatori di Forza Italia e non si può esporre]…’
‘D’accordo, però, dico, in una situazione come questa… Dio mio mandami un messaggio. [Poteva farlo attraverso] ‘sto cornuto di Schifani che [allora] non era [ancora senatore], [ma faceva] l’esperto [il consulente in materie urbanistiche] qua al Comune di Villabate a 54 milioni [di lire] l’anno. Me lo aveva mandato [proprio] il signor La Loggia. Lui [Schifani] mi poteva dire, mi chiamava e mi diceva: ‘Nino vedi che, capisci che non si può esporre però è con te, ti manda [i saluti]’. No, e invece non solo non mi manda [a dire] niente lui, ma Schifani…’
‘Dice che non ti conosce…’
‘Schifani, quando quelli là in Forza Italia, gli chiedono ‘ma che è successo all’amico tuo, al figlio dell’amico tuo’ risponde ‘amico mio?…no, manco lo conosco, lo conosco a mala pena’. [Così] il signor Schifani [quando veniva a Villabate] per motivi di lavoro [la consulenza per il Comune] vedeva a me e, minchia, scantonava, scivolava, si spaventava come se… come se prendeva la rogna, capisci? Poi, un giorno, dopo la scarcerazione di Nicola, [io e La Loggia] ci siamo incontrati a un congresso di Forza Italia. Lui viene e mi dice: ‘Nino, io sai per questo incidente di tuo figlio…’.
Gli ho detto: ‘Senti una cosa, tu mi devi fare una cortesia, pezzo di merda che sei, di non permetterti più di rivolgermi la parola’.
‘Ma Nino, ma è mai possibile che tu mi tratti così?’.
‘E perché come si deve trattare? Perché non è possibile spiegarmelo. Chi sei?’
‘No, ma io non dico questo, ma i nostri rapporti…’
‘Ma quale rapporto.’
‘Senti possiamo fare una cosa, ne possiamo parlare in ufficio da me?’, ‘Si perché no…’ E ci siamo trasferiti in via Duca della Verdura [lo studio di La Loggia].
[…]
Da un certo punto di vista l’astio dell’avvocato Mandalà è perfettamente comprensibile. Lui Schifani e La Loggia li aveva sempre considerati degli amici, tanto che erano stati tra gli ospiti importanti del suo secondo matrimonio, avvenuto nei primi anni Ottanta. A quell’epoca Nino Mandalà era appena rientrato in Sicilia da Bologna, dove lavorava nel mondo delle concessionarie d’auto e dove anche suo figlio Nicola era nato. Con loro aveva fondato la Sicula Brokers, una strana società in cui i suoi futuri leader di Forza Italia sedevano fianco a fianco di imprenditori di odor di mafia e boss di Cosa Nostra.
A scorrere le pagine ingiallite di quei documenti societari c’è da rimanere a bocca aperta: la Sicula Brokers viene creata nel 1979 e tra i soci, accanto a Mandalà, La Loggia e Schifani, compaiono i nomi dell’ingegnere Benny D’Agostino, il titolare delle più grandi imprese di costruzioni marittime italiane, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e di Giuseppe Lombardo, l’amministratore delle società di Nino e Ignazio Salvo, i re delle esattorie siciliane arrestati nel 1984 da Giovanni Falcone perché capi della famiglia mafiosa di Salemi.
La Sicula Brokers è insomma una società simbolo di quella zona grigia nella quale, per anni, borghesia e boss hanno fatto affari.
Palermo del resto è sempre stata così: nel dopoguerra i mafiosi erano i campirei dei ricchi, erano gli uomini di fatica ai quali la borghesia e l’aristocrazia delegavano l’amministrazione delle terre e dei beni. Un rapporto quasi simbiotico, spesso caratterizzato da reciproci scambi di favori. Ecco quindi che Benny D’Agostino, il socio di La Loggia, Schifani e Mandalà, viaggia nei primi anni Ottanta in Ferrari con don Michele Greco, il “papa della mafia”; ospita nelle sue proprietà i latitanti; si dedica con i prestanome di Provenzano, come il boss Pino Lipari, al controllo della spartizione degli appalti pubblici. Ecco quindi che il senatore Giuseppe La Loggia, il padre di Enrico, stando al racconto di Mandalà, si presenta da un capomafia come Turiddu Malta per domandare il suo appoggio elettorale.
Un fatto quasi normale per l’epoca, tanto che del sostegno dato da Cosa Nostra a La Loggia senior parlerà anche Nick Gentile, un pezzo da novanta nella Cosa Nostra made in USA, consigliere di Al Capone e Lucky Luciano.
[…]
Il problema è che la mafia, al contrario della politica, non dimentica. Anche a distanza di anni, anzi di decenni, è difficile scrollarsi di dosso certi rapporti, certe antiche relazioni. Ed è difficile anche per Enrico La Loggia che pure, a metà degli anni Ottanta, fa parte come assessore della prima giunta del sindaco Leoluca Orlando e, per diretta ammissione di Nino Mandalà, in quelle vesti risponde di no alle sue richieste di aiuto.
Così le vittorie elettorali di Forza Italia nelle zone di Villabate e Bagheria, feudi di Provenzano e della famiglia Mandalà, diventano pericolose.
Francesco Campanella, che osserva quanto accade dalla sua poltrona privilegiata di presidente del consiglio comunale, se ne accorge quasi subito. Nel 1994 l’avvocato Nino Mandalà sbandiera i suoi legami importanti. Se ne fa vanto. Dice a Francesco di avere ‘strettissimi rapporti con il senatore’, gli parla del suo matrimonio al quale anche lui e Schifani avevano partecipato, e Campanella capisce che non mente. Il nuovo segretario comunale viene scelto dal sindaco Navetta su ‘segnalazione di La Loggia’ e la stessa cosa accade con Schifani: ‘I rapporti tra loro erano ancora ottimi durante l’inizio dell’attività politica del Mandalà nel ’94, tant’è vero che La Loggia era il suo riferimento all’interno di Forza Italia […]; a un certo punto Schifani fu segnalato da La Loggia come consulente e quindi nominato dal sindaco come esperto in materia urbanistica. […] Le quattro varianti al piano regolatore di cui abbiamo parlato, parco suburbano, la variante commerciale, la viabilità, furono tutte concordate dal punto di vista anche di modulazione, di componimento, insomma dal punto di vista giuridico con lo stesso Schifani’.
[…]
Lì Mandalà organizzò tutto per filo e per segno interagendo in prima persona. […] Mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e con La Loggia e che aveva trovato un accordo per il quale i due segnalavano il progettista del piano regolatore generale, incassando anche una parcella di un certo rilievo […]. L’accordo, che Mandalà aveva definito con i suoi amici Schifani e La Loggia, era quello di manipolare il piano regolatore, affinché tutte le sue istanze – che poi erano [la richiesta] di variare i terreni dove c’erano gli affari in corso e addirittura di penalizzare quelle della famiglia mafiosa avversaria o delle persone a cui si voleva fare uno sgarbo – fossero prese in considerazione dal progettista e da Schifani […] Cosa che avvenne, perché poi cominciò questa attività di stesura del piano regolatore e io mi trovai a partecipare a tutte le riunioni che si tennero con lo stesso Schifani, qualche volta allo studio di Schifani e qualche altra volta al Comune. Io [poi] partecipai anche alle riunioni, più tipiche della famiglia mafiosa, in cui Schifani non c’era…’
[…]
Il clan di Villabate si butta a capofitto nell’affare. Dal Nord torna il costruttore che se ne era andato dal paese quando era scoppiata la faida con i Montalto. Si mette in società con Nino Mandalà, assieme a lui contatta tutti i proprietari degli appezzamenti di terreno che sarebbero dovuti diventare edificabili e fa loro firmare dei preliminari di vendita. In buona sostanza la mafia si accaparra tutte le zone in cui si potrà costruire. In un incontro con il sindaco Navetta e i due Mandalà, Francesco discute il piano regolatore e ‘gli inserimenti fatti dal progettista con i pareri di Schifani’.
Domanda il pubblico ministero [a Francesco Campanella]: ‘Io volevo capire questo: le risulta che Schifani fosse al corrente all’epoca degli interessi di Mandalà in relazione all’attività di pianificazione urbanistica del Comune di Villabate?’
‘Assolutamente sì, il Mandalà mi disse che aveva fatto questa riunione con La Loggia e con lo stesso Schifani e l’accordo era appunto nominare, attraverso loro, questo progettista che avrebbe incassato questa grossa parcella che in qualche modo avrebbe condiviso con lo stesso Schifani e La Loggia […]’
‘Quindi la parcella non sarebbe andata soltanto al progettista?’
‘No, il progettista era il titolare di un interesse economico che era condiviso dallo stesso Schifani e La Loggia’.
[…]
‘…però rimane da capire, signor Campanella, esattamente in che epoca si collocano o si colloca, se colo una, quella riunione tra Mandalà, La Loggia e Schifani in relazione alla pianificazione urbanistica del Comune di Villabate’.
‘Questa si colloca sicuramente in epoca successiva all’arresto di Mandalà Nicola, nell’epoca in cui stavamo adottando questi atti…”
http://www.casadellalegalita.org/index.php?option=com_content&task=view&id=3089&Itemid=1
IO preferisco condividere impotenza, frustrazione, rancore, e sto col “qualunquista e manipolatore” TRAVAGLIO! D’Avanzo stia pure con gli ignavi…
Amelie, ma quali vicende private? Ma quali ghigliottine? le gente accusata da Travaglio di solito si difende eccome, il problema è che perde sempre (8 volte su 8 come chi lo denunciò per la partecipazione a Satyricon da Luttazzi)…
Qualcosa vorrà pur dire no?
vi domando solo una cortesia, perche’ finora questo spazio e’ ottimo per contenuti e forma, che non si ricada nei lunghi e noiosi contraddittori tipici del forum precedente e se possibile si evitino diatribe personalistiche, limitarsi nel postare chilometrici articoli altrui ma magari indicarne i link, porre attenzione ad asserzioni a rischio di calunnia e diffamazione delle quali rispondono davanti alla legge non solo l’autore ma pure chi veicola la notizia, che sia stampa o Internet non cambia, tralasciare eventuali polemiche contestuali alla censura, che non mi pare proprio il caso e comunque ritengo saggio e giusto per chi gestisce il sito tutelarsi; e’ solo un consiglio ovviamente per la fruibilita’ e lettura scorrevole del sito, alla luce delle esperienze precedenti e collaborando tutti assieme, vi chiedo scusa per l’interferenza di natura prettamente tecnica 🙂
Rulando
per favore non ti riconosco più…sembri un
forsennato,un partigiano di partito.Mi dispiace davvero,ma possibile che tu non riesca a capire che non esiste solo una campana,per la verità,ma almeno 2. Perchè ti ostini a non voler capire,che non esiste un pensiero unico,non mi sembra così difficile da comprendere.E poi in una civiltà vera,tu che ami tanto le differenze dovresti anche capire,che non tutti la pensiamo alla stesso modo.Dove è il problema?
Tu ti faresti mettere in croce per difendere
la verità assoluta?(di Travaglio in questo caso?)ma dai pensa alla tua vita,a come deve girare il tutto.A proposito lavori?Cerca di calmarti per favore,sei una persona intelligente,quindi confido nella tua qualità.un kiss
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Da quando il presidente di una squadra di calcio è sceso in politica i discorsi e l’atteggiamento che sentivo nei bar per definire le formazioni e discutere le moviole si sono traferiti alla politica. La dialettica politica è un conto e ben venga che ogni cittadino partecipi, ma quel modo di discorrere alla “noi\voi” , quel sindacare sempre su tutto e rovinarsi la vita per un rigore o decreto mancato , quell’identificarsi con qualcuno che automaticamente rende gli altri nemici … non so! Riusciamo a mettere nella vita di tutti i giorni la stessa enfasi? o come il calcio (o le freccette) siamo sempre alla ricerca solo di un’identità che ci dia un senso di appartenenza , ci faccia sentire parte di qualcosa e ci permetta di identificare chi non lo è?
Ora Travaglio ,una persona che direttamente,solo pochissimi tra noi conosceranno personalmente, è diventato un paladino mediatico.Può darsi che lo sia , ma siamo allo stesso modo capaci di provare la stessa cosa per qualcuno il “cui essere eroe” non ci viene proposto da tv , giornali o opinionisti? A volte mi chiedo se tutte le cose che leggo siano davvero il pensiero di chi le scrive o se siano state pensate da qualcun altro e poi semplicemente fatte proprie. Perchè come per il calcio (o le freccette!) non vedo nella vita di tutti giorni la stessa ricerca dell’onestà,la stessa enfasi e voglia di perseguire una giustizia. I politici nel bene o nel male sono l’espressione del nostro modo di essere. Si, sono corrotti (forse meno di quello che pensiamo) ma lo sono perchè noi vogliamo che siano corruttibili,altrimenti come facciamo a condonare il rialzo di un piano della casa o ad imbucare il figlio in tale ufficio pubblico. Il mio migliore amico era un paladino della correttezza (negli altri), sempre pronto ad informarsi nelle edizioni Kaos di quali colpe politici e personaggi pubblici si fossero macchiati.Lunghe discussioni sull’impresentabilità dei nostri politici , sulla corruzione e quant’altro…tutte cose provate e circostanziate ..ma poi quando arrivò la cartolina per fare il servizio militare pensò che un milione ed ottocentomila lire e
la persona giusta fossero una buona scappatoia. Ora ogni volta che lo vedo diventare paonazzo contro qualcuno dell’opposto schieramento penso sempre perchè in Italia meritiamo quello che ci tocca scontare. Perchè se non ci fossero i rigori dubbi ,di cosa si parlerebbe la sera nei bar? Per cosa ci insulteremmo a vicenda?
Noi ne abbiamo bisogno come l’aria.
Non so, mi piacerebbe che essere sportivi (o fare politica) non sia solo leggere la gazzetta e guardare la domenica pomeriggio la partita. Forse se la gente giocasse nei prati a calcio piuttosto che spaccarsi la faccia la domenica le cose andrebbero meglio.
Vale anche per la politica.
Io mi sono sempre battuto contro il pensiero unico e lungi da me il voler IMPORRE le mie idee agli altri.
Io l'”altra campana” (se perviene) la ascolto sempre e prima di esprimere giudizi o farmi un’idea, mi informo a fondo, spulcio, indago e verifico la correttezza delle fonti, quindi se, in questo caso su Travaglio, la penso in una certa maniera mi sento libero di poterlo esternare…
P.S.
Roxana, sulle diatribe personali ti do perfettamente ragione e devo dire che mi son fatto prendere la mano, ma spero avrai notato che anche quando posto chilometrici articoli altrui aggiungo sempre qualcosa di mio…
Sui rischi che corre Diego, ho già fatto presente che sono praticamente pari a zero, in quanto riportare articoli, stralci o frasi già pubblicate su libri e giornali e presenti sulla rete stessa non può comportare nessun problema legale.
Ciao 🙂
Ciao ragazzi,
per un momento la realtà effimera è entrata in questo spazio di realtà inconscia, realtà di sentimenti e perchè no, di rabbia.Su repubblica di oggi trovate la risposta di Travaglio all’articolo di D’Avanzo, e li ognuno si farà le sue considerazioni.Ma credo che ora sia duopo non incorrere nella retorica dello stomaco, dove l’incazzatura scorre a fiumi quando l’ingiustizia viene ravvisata,e tornare ad essere quelle persone serie attente e colte quali siamo, persone che hanno valori e non subiscono il fascino ultrà.Internet offre grandi opportunità e grandi sole, quin di sempre attenti.Comunque sia, ormai dobbiamo guardare cosa combineranno, pdlpd….e sperare che si riesca a superare l’empasse.Un abbraccio a tutti voi, e naturalmente a Diego.Disallineato e scoperto, comunque, è sempre un monito che aiuta a pensare.
ciao rulando,
ormai ti conosco da tempo leggendoti, e so che sei in buonafede e pervaso da passione politica, pero’ l’avvocato lascialo fare al legale di Diego 🙂
Mi e’ piaciuto molto l’intervento di Albe, la sua analisi, e ha ragione quando dice che politica calcio e aggiungo io sesso, sono i temi portanti del lunedi’.
Forse sarebbe meglio applicarsi ed essere protagonisti in prima persona, dalla partita nel campetto al resto, non sempre e’ possibile farlo, ma proviamoci, oltre a discuterne.
Nel mio piccolo, tanto per scendere nella vita quotidiana e non mediatica, oggi una collega mi ha riferito che le procurava fastidio vedermi riflessa nel vetro dell’archivio; ora puo’ anche essere che viviamo tempi duri e cupi e che le persone vivano disagio e qualche problematicita’, ma non posso fare altro che sorriderne, ribadendo che pure io avrei preferito avere di fronte a me Raul Bova lavorando sicuramente in modo piu’ produttivo e gratificante.
Cio’ che voglio dire e’ che un pizzico di leggerezza insostenibile dell’essere puo’ rendere piu’ sostenibile il lavoro, le amicizie, il mondo delle relazioni.
Il guerriero di luce non e’ colui che si butta comunque nella mischia e nella battaglia, ma colui che sa concentrare – e se del caso risparmiare e accumulare – energie.
Fiat lux.
Diego, innanzitutto scusami per il copia/ incolla che trovi qui di seguito. Non e mia abitudine copia/incollare testi così lunghi che potrebbero essere noiosi e pesanti, ma mi prendo questa libertà solo per dare un’informazione più completa, e dopo il tuo commento di ieri con il quale ci postavi l’articolo di D’Avanzo, mi sembrava “carino” ospitare anche la risposta di Travaglio.
Se non sei d’accordo, lascia perdere e non pubblicare il mio commento, non c’è problema.
“Su Schifani ho raccontato solo fatti
di MARCO TRAVAGLIO
Caro direttore, ringrazio D’Avanzo per la lezione di giornalismo che mi ha impartito su Repubblica di ieri. Si impara sempre qualcosa, nella vita.
Ma, per quanto mi riguarda, temo di essere ormai irrecuperabile, avendo lavorato per cattivi maestri come Montanelli, Biagi, Rinaldi, Furio Colombo e altri. I quali, evidentemente, non mi ritenevano un pubblico mentitore, un truccatore di carte che “bluffa”, “avvelena il metabolismo sociale” e “indebolisce le istituzioni”, un manipolatore di lettori “inconsapevoli”, quale invece mi ritiene D’Avanzo. Sabato sera sono stato invitato a “Che tempo che fa” per presentare il mio ultimo libro, “Se li conosci li eviti”, scritto con Peter Gomez, che in 45 giorni non ha avuto alcun preannuncio di querela.
E mi sono limitato a rammentare un fatto vero a proposito di uno dei tanti politici citati nel libro: e cioè che, raccontando vita e opere di Renato Schifani al momento della sua elezione a presidente del Senato, nessun quotidiano (tranne l’Unità e, paradossalmente, Il Giornale di Berlusconi) ha ricordato i suoi rapporti con persone poi condannate per mafia, come Nino Mandalà e Benny D’Agostino (ho detto testualmente: “Schifani ha avuto delle amicizie con dei mafiosi. rapporti con signori che sono poi stati condannati per mafia”; la frase “anche la seconda carica dello Stato è oggi un mafioso”, falsamente attribuitami da D’Avanzo, non l’ho mai detta né pensata).
Quei rapporti, contrariamente a quanto scrive D’Avanzo, sono tutt’altro che “lontani nel tempo”, visto che ancora a metà degli anni 90 Schifani fu ingaggiato, come consulente per l’urbanistica e il piano regolatore, dal Comune di Villabate retto da uomini legati al boss Mandalà e di lì a poco sciolto due volte per mafia.
LETTERA DI TRAVAGLIO – PARTE 2
Rapporti di nessuna rilevanza penale, ma di grande rilievo politico-morale, visto che la mafia non dimentica, ha la memoria lunghissima e spesso usa le sue amicizie, anche risalenti nel tempo, per ricattare chi tenta di scrollarsele frettolosamente di dosso. In qualunque altro paese, casomai capitasse che il titolare di certi rapporti ascenda alla seconda carica dello Stato, tutti i giornali e le tv gli rammenterebbero quei rapporti: per questo, negli altri paesi, il titolare di certi rapporti difficilmente ascende ai vertici dello Stato.
Che cosa c’entri tutto questo con le “agenzie del risentimento” e il “qualunquismo antipolitico” di cui parla D’Avanzo, mi sfugge.
Secondo lui i giornali, all’elezione di Schifani a presidente del Senato, non hanno più parlato di quei rapporti perché nel frattempo non s’era scoperto nulla di nuovo. Strano: non c’era nulla di nuovo neppure sul riporto di Schifani, eppure tutti i giornali l’hanno doviziosamente rammentato. I lettori giudicheranno se sia più importante ricordare il riporto, oppure il rapporto con D’Agostino e Mandalà (che poi, un po’ contraddittoriamente, lo stesso D’Avanzo definisce “sconsiderato”). Ora che – pare – Schifani ha deciso di querelarmi, un giudice deciderà se quel che ho detto è vero o non è vero.
Almeno in tribunale, si bada ai fatti e le chiacchiere stanno a zero: o hai detto il vero o hai detto il falso. Io sono certo di avere detto il vero, e tra l’altro solo una minima parte. Oltretutto c’è già un precedente specifico: quando, per primo, Marco Lillo rivelò queste cose sull’Espresso nel 2002, Schifani lo denunciò. Ma la denuncia venne archiviata nel 2007 perché – scrive il giudice – “l’articolo si presenta sostanzialmente veritiero”.
Approfitto di questo spazio per ringraziare i tanti colleghi e lettori (anche di Repubblica) che in questi giorni difficili mi hanno testimoniato solidarietà. Tenterò, pur con tutti i miei limiti, di continuare a non deluderli.”
Come volevasi dimostrare D’Avanzo o è in malafede o è semplicemente disinformato sui fatti. Basta quella frase falsamente attribuita a Travaglio per dimostrarlo…
diego, scusa della replica alla replica
ma per una maggior comprensione …
mi pare corretto sentire anche d’avanzo
NON SEMPRE I FATTI SONO LA VERITÀ
Discutiamo di un metodo, di una pratica giornalistica che può manipolare il lettore
GIUSEPPE D´AVANZO
Non so che cosa davvero pensassero dell´allievo gli eccellenti maestri di Marco Travaglio (però, che irriconoscenza trascurare le istruzioni del direttore de il Borghese). Il buon senso mi suggerisce, tuttavia, che almeno una volta Montanelli, Biagi, Rinaldi, forse addirittura Furio Colombo, gli abbiano raccomandato di maneggiare con cura il “vero” e il “falso”: «qualifiche fluide e manipolabili» come insegna un altro maestro, Franco Cordero. Di questo si parla, infatti, cari lettori – che siate o meno ammiratori di Travaglio; che siate entusiasti, incazzatissimi contro ogni rilievo che gli si può opporre o soltanto curiosi di capire.
Che cos´è un “fatto”, dunque? Un “fatto” ci indica sempre una verità? O l´apparente evidenza di un “fatto” ci deve rendere guardinghi, più prudenti perché può indurci in errore? Non è questo l´esercizio indispensabile del giornalismo che, «piantato nel mezzo delle libere istituzioni», le può corrompere o, al contrario, proteggere? Ancora oggi Travaglio («Io racconto solo fatti») si confonde e confonde i suoi lettori. Sostenere: «Ancora a metà degli anni 90, Schifani fu ingaggiato dal Comune di Villabate, retto da uomini legato al boss Mandalà di lì a poco sciolto due volte per mafia» indica una traccia di lavoro e non una conclusione. Mandalà (come Travaglio sa) sarà accusato di mafia soltanto nel 1998 (dopo «la metà degli Anni Novanta», dunque) e soltanto «di lì a poco» (appunto) il comune di Villabate sarà sciolto. Se ne può ricavare un giudizio? Temo di no. Certo, nasce un interrogativo che dovrebbe convincere Travaglio ad abbandonare, per qualche tempo, le piazze del Vaffanculo, il salotto di Annozero, i teatri plaudenti e andarsene in Sicilia ad approfondire il solco già aperto pazientemente dalle inchieste di Repubblica (Bellavia, Palazzolo) e l´Espresso (Giustolisi, Lillo) e che, al di là di quel che è stato raccontato, non hanno offerto nel tempo ulteriori novità. E´ l´impegno che Travaglio trascura. Il nostro amico sceglie un comodo, stortissimo espediente. Si disinteressa del “vero” e del “falso”. Afferra un “fatto” controverso (ne è consapevole, perché non è fesso). Con la complicità della potenza della tv – e dell´impotenza della Rai, di un inerme Fazio – lo getta in faccia agli spettatori lasciandosi dietro una secrezione velenosa che lascia credere: «Anche la seconda carica dello Stato è un mafioso…». Basta leggere i blog per rendersene conto. Anche se Travaglio non l´ha mai detta, quella frase, è l´opinione che voleva creare. Se non fosse un tartufo, lo ammetterebbe.
Discutiamo di questo metodo, cari lettori. Del «metodo Travaglio» e delle “agenzie del risentimento”. Di una pratica giornalistica che, con “fatti” ambigui e dubbi, manipola cinicamente il lettore/spettatore. Ne alimenta la collera. Ne distorce la giustificatissima rabbia per la malapolitica. E´ un paradigma professionale che, sulla spinta di motivazioni esclusivamente commerciali (non civiche, non professionali, non politiche), può distruggere chiunque abbia la sventura di essere scelto come target (gli obiettivi vengono scelti con cura tra i più esposti, a destra come a sinistra). Farò un esempio che renderà, forse, più chiaro quanto può essere letale questo metodo.
8 agosto del 2002. Marco telefona a Pippo. Gli chiede di occuparsi dei «cuscini». Marco e Pippo sono in vacanza insieme, concludono per approssimazione gli investigatori di Palermo. Che, durante le indagini, trovano un´ambigua conferma di quella villeggiatura comune. Prova maligna perché intenzionale e non indipendente. Fonte, l´avvocato di Michele Aiello. Il legale dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l´albergo a Marco. Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia.
Michele Aiello, ingegnere, fortunato impresario della sanità siciliana, protetto dal governatore Totò Cuffaro (che, per averlo aiutato, beccherà 5 anni in primo grado), è stato condannato a 14 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. Pippo è Giuseppe Ciuro, sottufficiale di polizia giudiziaria, condannato a 4 anni e 6 mesi per aver favorito Michele Aiello e aver rivelato segreti d´ufficio utili a favorire la latitanza di Bernardo Provenzano. Marco è Marco Travaglio.
Ditemi ora chi può essere tanto grossolano o vile da attribuire all´integrità di Marco Travaglio un´ombra, una colpa, addirittura un accordo fraudolento con il mafioso e il suo complice? Davvero qualcuno, tra i suoi fiduciosi lettori o tra i suoi antipatizzanti, può credere che Travaglio debba delle spiegazioni soltanto perché ha avuto la malasorte di farsi piacere un tipo (Giuseppe Ciuro) che soltanto dopo si scoprirà essere un infedele manutengolo?
Nessuno, che sia in buona fede, può farlo. Eppure un´«agenzia del risentimento» potrebbe metter su un pirotecnico spettacolino con poca spesa ricordando, per dire, che «la mafia ha la memoria lunghissima e spesso usa le amicizie, anche risalenti nel tempo, per ricattare chi tenta di scrollarsele frettolosamente di dosso» . Basta dare per scontato il “fatto”, che ci fosse davvero una consapevole amicizia mafiosa: proprio quel che deve essere dimostrato ragionevolmente da un attento lavoro di cronaca.
Cari lettori, anche Travaglio può essere travolto dal «metodo Travaglio». Travaglio – temo – non ha alcun interesse a raccontarvelo (ecco la sua insincerità) e io penso (ripeto) che la sana, necessaria critica alla classe politico-istituzionale meriti onesto giornalismo e fiducia nel destino comune. Non un qualunquismo antipolitico alimentato, per interesse particolare, da un linciaggio continuo e irrefrenabile che può contaminare la credibilità di ogni istituzione e la rispettabilità di chiunque.
Miii.!!!!!108
leggere questa cosa
mi ha ringiovanito
di 10 anni
grazie–
lo sapevo comuque
la verità stà sempre
tra..le parole
e non dentro le parole
————————
grazie
Buona sera diego. Buona sera mondo.
Grazie Roxana.
Come poterti vendicarti crudelmente sulla tua collega?
Io direi un qualunque gesto di gentilezza !!
Spiazza di solito su questo modo di fare.
Notte a tutti!
Andrò a coricarmi perchè come diceva nel suo slogan il “buon B” “domani devo “Rialzarmi” presto!
posso fare la blogghista mediocre?
eccomi.
la prima cosa che mi viene da dire dopo aver letto l’articolo de la repubblica citato da diego (caspita se era lungo! in crisi la curva d’attenzione a metà articolo!) è che pochi cognomi sono azzeccati come quello di questo professionista.
La seconda è l’irritazione che ho sentito leggendo la frase “…come dice spensieratamente Travaglio a un sempre sorridente Fabio Fazio…”. Cosa c’è che non va nella spensieratezza di un uomo che dice quel che sa e nel sorriso di un altro che ha trovato il modo di far parlare chi verrebbe censurato volentieri da altri?
La terza cosa che mi salta a gli okki è la lunghezza degli interventi dei lettori del blog 🙂 mai visti commenti così lunghi! mi sa che abbiamo battuto i record di concentrazione, riflessione e pubblica esposizione di pensiero personale 🙂
che meraviglia!
io sinceramente sono un po’ frastornata e ho una gran paura, ma quando guardo, anzi ammiro incantata, quel viso dolce che si contiene intelligentemente e non raccoglie il metodo di rissa, gli occhi che brillano furbini come il bimbo che ha fatto il discolo e quella bocca perfetta che si apre solo per sorrisi e verità (sono ingenua, lo so ma è la mia fede ormai) ecco, quando ho questo miracolo davanti mi sento come quando la mamma di notte mi stava vicina dopo un brutto sogno.
grazie: da buon gustaia che spera di trovare l’uomo giusto per fare i suoi figli… preferisco un bel parto al piatto di ieri 🙂
Ahahah rido già pregustandomi la “controcontroreplica” del “tartufo insincero” Marco a D’Avanzo…
ho letto tutti i vostri post, su tutti vale
la pena riflettere. mi sento in sintonia con
Trilly75, Tiziana, Rulando perche’ ho letto
molti articoli di Travaglio, si attiene
scrupolosamente ai fatti realmente accaduti,
infatti per supportare i suoi articoli cita
le sentenze, oppure riporta fedelmente le parole pronunciate da un politico nel 1997 e
le frasi dette dallo stesso parlamentare un
anno dopo, dimostrandone la capacita’ di
modificare radicalmente il suo punto di vista
in virtu’ della propria convenienza.All’estero e’ molto stimato, e il
fatto che Travaglio scriva per indurre il lettore a trarre delle conclusioni, e’ una
pratica comune a tutti i giornalisti, storici
e scrittori, l’importante e’ il metodo utilizzato da chi scrive e Travaglio e’ una
persona limpida perche’ non ha mai diffamato nessuno,e racconta solo la verita’. D’avanzo poi sa benissimo
che nelle democrazie mature i giornalisti
narrano vita, opere, frequentazioni dei politici e io credo che sia giustissimo:chi
aspira a governare un paese o lo governa deve
avere una condotta e un passato cristallino ed e’ giusto intercettarlo telefonicamente perche’ a fronte dei privilegi e dei sontuosi stipendi che percepiscono, i politici dovrebbero essere trasparenti al 100 %. saranno poi i cittadini, in piena coscienza, a decidere in base ai loro comportamenti presenti e passati se votarli o
meno. ed e’ anche giusto che se un politico
e’ indagato la gente lo sappia: la presunzione d’innocenza e’ sacrosanta davanti
alla legge, decisamente meno nei confronti
degli elettori. Ciao a Diego e a tutti voi!
E vai! D’Avanzo sbugiardato su tutta la linea…
LA LETTERA
Il giornalismo
e il caso Schifani
di MARCO TRAVAGLIO
Caro direttore, D’Avanzo è liberissimo di ritenere che i cittadini non debbano sapere chi è il presidente del Senato. Io invece penso che debbano sapere tutto, che sia nostro dovere informarli del fatto che stava in società con due personaggi poi condannati per mafia, che si occupava di urbanistica come consulente del comune di Villabate, controllato dal clan Mandalà, anche dopo l’arresto del figlio del boss e subito prima dello scioglimento per mafia.
Perciò l’ho scritto (dopo valorosi colleghi come Lillo, Abbate e Gomez) e l’ho detto in tv presentando il mio libro. Anche perché la Procura di Palermo sta ancora vagliando le dichiarazioni rese nel 2007 dal pentito Francesco Campanella, già presidente del consiglio comunale di Villabate e uomo del clan Mandalà, sul piano regolatore che, a suo dire, il boss aveva “concordato con La Loggia e Schifani” (Ansa, 10 febbraio 2007).
Ciò che non è consentito a nessuno, nemmeno a D’Avanzo, è imbastire una ripugnante equazione tra le frequentazioni palermitane del palermitano Schifani e una calunnia ai miei danni che – scopro ora – sarebbe stata diffusa via telefono da un misterioso avvocato: e cioè che l’imprenditore Michele Aiello, poi condannato per mafia in primo grado, mi avrebbe pagato un albergo o un residence nei dintorni di Trabia. La circostanza è totalmente falsa e chi l’ha detta e diffusa ne risponderà in tribunale.
Potrei dunque liquidare la cosa con un sorriso e un’alzata di spalle, limitandomi a una denuncia per diffamazione e rinviando le spiegazioni a quando diventerò presidente del Senato. Ma siccome non ho nulla da nascondere e D’Avanzo sta cercando – con miseri risultati – di minare la fiducia dei lettori nella mia onorabilità personale e nella mia correttezza professionale, eccomi qui pronto a denudarmi.
Se questo maestro di giornalismo avesse svolto una minima verifica prima di scrivere quelle infamie, magari rivolgendosi all’albergo o dandomi un colpo di telefono, avrebbe scoperto che: 1) non ho mai incontrato, visto, sentito, inteso nominare questo Aiello fino al giorno in cui fu arrestato (e comunque, non essendo io siciliano, il suo nome non mi avrebbe detto nulla); 2) ho sempre pagato le mie vacanze fino all’ultimo centesimo (con carta di credito, D’Avanzo può controllare); c) ho conosciuto il maresciallo Giuseppe Ciuro a Palermo quando lavorava alla polizia giudiziaria antimafia (aveva pure collaborato con Falcone). Mi segnalò un hotel di amici suoi a Trabia e un residence ad Altavilla dove anche lui affittava un villino.
Il primo anno trascorsi due settimane nell’albergo con la mia famiglia, e al momento di pagare il conto mi accorsi che la cifra era il doppio della tariffa pattuita: pagai comunque quella somma per me esorbitante e chiesi notizie a Ciuro, il quale mi spiegò che c’era stato un equivoco e che sarebbe stato presto sistemato (cosa che poi non avvenne). L’anno seguente affittai per una settimana un bungalow ad Altavilla, pagando ovviamente la pigione al proprietario. Ma i precedenti affittuari si eran portati via tutto, così i vicini, compresa la signora Ciuro, ci prestarono un paio di cuscini, stoviglie, pentole e una caffettiera. Di qui la telefonata in cui parlo a Ciuro di “cuscini”. Ecco tutto.
Che c’entri tutto questo con le amicizie mafiose di Schifani, francamente mi sfugge. Qualcuno può seriamente pensare che, come insinua D’Avanzo, quella vacanza fantozziana potrebbe rendermi anche solo teoricamente ricattabile da parte della mafia o addirittura protagonista di “una consapevole amicizia mafiosa”? Diversamente da Schifani, non solo sono un privato cittadino. Non solo non sono mai stato socio né consulente di personaggi e di comuni poi risultati mafiosi. Ma non ho mai visto né conosciuto mafiosi, né prima né dopo la loro condanna. Chiaro? Se poi questo è il prezzo che si deve pagare, in Italia, per raccontare la verità sul presidente del Senato, sono felice di averlo pagato.
Ps. Su una sola cosa D’Avanzo ha ragione. Tra i miei ex direttori, ho dimenticato quello del “Borghese”: Daniele Vimercati. Era uno splendido e libero giornalista. Purtroppo non c’è più, l’ha portato via a 43 anni una leucemia fulminante. Mi manca molto.
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/politica/insulti-schifani/lettera-travaglio/lettera-travaglio.html
Rulando giunge a puntino il tuo copia/incolla di Travaglio … (mi hai preceduto perchè avevo pensato anch’io di postarlo, sempre per aggiungere un ulteriore tassello a tutta la storia).
Al di là del piacere nel leggere le parole di Travaglio, il quale oltretutto per ribattere alle accuse disgustose di D’Avanzo ha dovuto mettere in piazza i suoi fatti personali e privati, dispiace soprattutto leggere tanto astio nelle parole di un suo collega, appartenente pure della stessa testata giornalistica.
Non capisco la motivazione, sarebbe semplice definirla solo invidia, ma poichè fino a l’altro ieri reputavo D’Avanzo una persona intelligente, ho il sospetto che qualcos’altro abbia spinto D’Avanzo a scrivere quelle parole, diventate poi fetide con la replica di ieri …
Scusate
a me sembra di assistere
a una partita
di ping-pong-
torno a riposarmi
mi gira tutta la testa.
kiss-:-)
ogni tanto entro e leggo
evoluzione.
sto seguendo con estrema attenzione la discussione, cercando di coglierne il meglio dal tutto.
Detesto lo schieramento tra guelfi e ghibellini, a meno che non si tratti della mia amata Roma, che e’ appunto gioco e non politica, ossia scelta e decisione sulla pelle della gente.
D’Avanzo ha fatto un’ottima lezione di giornalismo, ora pongo un quesito fondamentale:
se le medesime cose scritte da D’Avanzo le avesse scritte Marco Travaglio si sarebbe comunque cosi’ ostili?
Col bene e rispetto che voglio a Marco, e ce ne fossero pari a lui, come tutti ha ancora qualcosa da imparare, in primis l’ascolto, la riflessione e l’umilta’, tenendo in mano un giocattolino pericoloso quanto una mina che si chiama informazione.
E’ una tirata d’orecchie lo so, ma ritengo che si debbano sempre sondare cose parole atti, scavare e farsi autocritica.
Vedo giornalisti superficiali e lettori distratti, ma mai come oggi stimolanti, e il tutto serve a migliorare e a migliorarsi 🙂
Che gioia! questi articoli e i relativi commenti danno il segno tangibile che abbiamo libertà di espressione.
(Quando si parla di giornalisti non riesco a non pensare a Anna Politkovskaja e ai tanti che come lei hanno perso la vita per amore dell’informazione, non ultima la nostra Ilaria Alpi).
Il mio pensiero in proposito è che in fondo un proprio giudizio sull’Onorevole Schifani ognuno ce l’ha già al di là di quello che legge nei fatti citati.
Faccio un parallelo che non c’entra nulla se non per la distanza nel tempo: Adriano Sofri 26 anni fa è stato mandante di un omicidio per il quale è stato condannato in via definitiva. Lui si dichiara innocente ed io gli credo, credo a Sofri più che ai tribunali che lo hanno condannato; per la sua condotta di vita successiva, per il suo stile, per le battaglie intraprese e le parole dette e i fatti compiuti.
Giudico complessivamente l’uomo Adriano Sofri e per lui metterei la mano sul fuoco, anche dovessi bruciarla.
Il senatore Schifani dovrebbe “difendersi” dalle offese subìte con coraggio e franchezza al fine di dimostrare la sua estraneità totale alle accuse senza inveire e scagliarsi su chi si è permesso di lanciarle. Dovrebbe usare la sua vita ad esempio di una condotta irreprensibile per far decadere le accuse da sè!
Eheheh Tiziana, infatti ero certo che se non avessi provveduto io ci avresti pensato tu. 😉
Sottoscrivo tutto ciò che hai detto e stavolta dissento fortemente dall’analisi di Roxana rispondendogli: Sì, sarei stato così ostile, perchè nessuno può permettersi di attribuire frasi mai dette ed inventarsi di sana pianta dei fatti mai accaduti, pur di gettare fango su chicchesia…
Travaglio sarà anche perfettibile (e lo dice lui stesso), ma questo scambio di articoli pubblicati su “Repubblica” ha mostrato chiaramente chi è stato il superficiale (D’Avanzo, se non si fosse capito) e chi sono stati i lettori distratti…
Ciao ciao 🙂
Sofri? Mamma mia…
Mariella ti consiglio di leggere “La scomparsa dei fatti” di Travaglio ed anche questo link:
http://nuke.pummarulella.org/Home/travagliosofri/tabid/214/Default.aspx
qualcuno era Travaglio dipendente
qualcuno era Grillo dipendente
l’enfatizzazione e’ il male del comunismo
la demonizzazione e’ il male del fascismo
l’informazione l’oppio dei popoli
e famose sta canna lol